Al capitolo 20.1 del ebook “ACQUEDOTTI – REALTA’ E FUTURO” , cui si rimanda per i dettagli, è descritto a grandi linee un acquedotto che merita di essere brevemente ricordato anche in questo sito per le eccezionali particolarità che lo contraddistinguono e per le altrettanto eccezionali modalità di realizzazione e di gestione.
Lo scopo dell’insieme acquedottistico in argomento è l’alimentazione, tramite una adduttrice da 600 mm di diametro lunga oltre 40 chilometri, di una serie di piccoli comuni sparsi nel territori di competenza del Consorzio ma soprattutto del centro balneare di Bibione posto all’estremità più lontana dell’adduzione e che è caratterizzato da una presenza modestissima di abitanti fissi nel mentre la popolazione turistica estiva aumenta a dismisura arrivando a centinaia di migliaia di presenze . Si intuiscono le difficoltà che presenta un sistema idropotabile così sbilanciato. Quello che si vuole qui illustrare sono non tanto le particolarità costitutive, anch’esse eccezionali, quanto quelle della regolazione di un sistema così variegato.
Benché progettato ed iniziato negli anni 70 quando non esistevano le moderne pompe a velocità variabile, si è fin di primi tempi deciso che l’unico modo per risolvere razionalmente il problema di passare da una portata richiesta dal territorio variabile da un minimo di 70 l/sec ad oltre 500 l/sec (limitati ad un breve periodo estivo), consisteva nel funzionamento a pressione variabile della lunghissima condotta di collegamento delle fonti poste a S.Vito al Tagliamento (PN) con il centro balneare citato. La centrale di sollevamento comprendeva sostanzialmente una pompa a giri variabile la quale, non esistendo ancora gli inverter, era alimentata in corrente continua a voltaggio variabile regolata da quell’aggeggio che non si poteva nemmeno chiamare computer perché era considerato solo un giocattolo ad uso di giovani appassionati e che si chiamava Apple II. Ambedue le attrezzature, allora assolutamente di avanguardia, hanno dimostrato una grande validità assolvendo pienamente al loro compito per più decenni.

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E vengo alla regolazione che forma l’oggetto specifico della presente nota. Nell’offerta preliminare della ditta costruttrice della parte meccanica (la Magneti Marelli di Milano) era previsto un sistema automatico che provvedeva a variare la velocità della pompa in funzione della richiesta idrica dell’utenza misurata da un venturimetro posto nella condotta da 600 mm in uscita dalla centrale. In altre parole il computer aumentava o diminuiva la velocità sulla base deicambiamenti di portata che venivano misurati in uscita. Il programma prevedeva dei controlli dei risultati in quanto verificava in continuità la stabilità delle portate sollevate provvedendo a regolarizzare eventuali pendolarismi della richiesta. Si deve dire che, in sede di esercizio detta regolazione si è dimostrata efficiente anche se l’esperienza di gestione ha consigliato di seguire la seconda strada di cui mi preme parlare anche perché è stata aggiunta proprio su parere del sottoscritto nel documento di richiesta di offerta distribuito alle varie ditte che concorsero per l’appalto definitivo delle macchine.
Devo subito chiarire che uno degli elementi da mè sempre considerato basilare nel funzionamento degli acquedotti è la flessibilità: un servizio idrico deve sempre avere delle possibilità di adattamento ad avvenimenti imprevisti ed imprevedibili. Nel caso della proposta fatta dalla Marelli io ho ritenuto che il sistema mancasse proprio di flessibilità.
Il secondo metodo di regolazione che si è richiesto alle ditte concorrenti era di una semplicità che può definirsi banale ma però è quello che ha dimostrato la maggior validità e praticità.
In pratica, una volta constatato che le caratteristiche della pompa a giri variabili coincidevano perfettamente con quelle della condotta di adduzione in quanto erano in grado di variare la portata e la pressione di pompaggio con modalità molto simili a quelle delle perdite di carico della condotta, si è aggiunta al programma di regolazione la possibilità di prefissare dei grafici giornalieri rappresentativi della escursione di velocità di rotazione (quindi non la portata ma la velocità di rotazione!) durante le 24 ore di una giornata, di una settimana, di una stagione o di un qualunque periodo fissato dall’operatore. In questo modo il personale, che in ogni caso deve effettuare almeno una visita giornaliera all’impianto automatico di sollevamento, essendo a conoscenza della situazione e delle richieste del momento, può confermare il grafico del giorno prima oppure definire quali nuovi grafici adottare e per quanti giorni. Ad esempio durante l’inverno quando i consumi sono bassissimi essendo ben noto il funzionamento invernale degli anni precedenti, verrà prefissato un grafico giornaliero di giri molto bassi nel mentre d’estate cercherà di sfruttare al massimo la potenzialità delle fonti facendo girare la pompa alla massima velocità. Quella che viene definita è la velocità con la quale minuto per minuto dovrà girare la pompa durante il periodo prefissato, quindi non è fissata la sua portata futura ma solo la curva caratteristica della pompa momento per momento il chè significa che la macchina resta libera di variare la portata secondo la curva stessa e quindi di adattarla alle richieste del momento. A sua volta permane la possibilità di dare maggior portata nelle ore di punta e lo si ottiene aumentando i giri prefissati per tale periodo ed anche di diminuire portata e pressione di notte facendo girare più piano la pompa. In altre parole si prefissano le varie curve caratteristiche che la pompa dovrà utilizzare periodo per periodo. Il tutto deriva dall’esperienza maturata giorno per giorno dall’esame del comportamento di rete.
In definitiva si è avuta la conferma che, tralasciato il sistema sofisticato di regolazione automatica a favore di un metodo che potrei definire di previsione personale, si sono ottenuti risultati ottimi riuscendo per più decenni a soddisfare in pieno l’utenza e a contenere i consumi entro la producibilità delle fonti. Si può anche concludere che non sempre sono gli automatismi spinti a risultare migliori ma una certa “umanizzazione” delle procedure permette di orientare il funzionamento tenendo conto dei risultati effettivi che si riscontrano e si giudicano vivendo realmente e intelligentemente l’acquedotto.

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