Si è lungamente discusso sulla necessità di effettuare una vera rivoluzione degli acquedotti italiani, giudicata indispensabile per la razionalizzazione del sistema di approvvigionamento idrico. Allo scopo diventa necessario stabilire un ordine di priorità e di qualità degli interventi poiché le notevoli differenziazioni tra i vari sistemi di approvvigionamento idrico comportano rilevanti differenze anche nelle tipologie e nei tempi di effettiva attuazione prevedibili.

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Un problema su cui si è insistito molto riguarda la riduzione delle perdite occulte che incidono fortemente sulla qualità del servizio specificando che uno dei rimedi di base consiste nella regolazione della pressione di esercizio. Appare chiaro che l’intervento da attuare cambia completamente a seconda che si tratti di un piccolo paesino di montagna oppure di una grande città di pianura anche se ambedue accusano la medesima perdita percentuale. Nel primo caso è sicuramente conveniente limitarsi ad una accurata ricerca delle perdite e riparazione dei guasti mentre il secondo caso merita uno studio approfondito che può, ad esempio, portare a rivoluzionare il sistema di pompaggio e di rilievo del funzionamento effettivo della rete.
Si riportano due esempi molto significativi.
Primo esempio : l’Isola d’Elba 30000 abitanti stabili ed un territorio molto accidentato. Quota aree abitate variabile da 3m a 600 m sul mare, n. tot. serbatoi acquedotto:56, n. tot impianti di sollevamento piccoli e grandi: 50.
Come confermato dalla figura allegata la composizione della rete del suo acquedotto è molto complessa, difficile da gestire, con risultati non ottimali e perdite occulte molto elevate. Se si volesse razionalizzarlo occorrerebbe impiegare apparecchiature e circuiti idrici che presentano difficoltà e spese assolutamente non giustificate. Si ritiene invece che la cosa da fare sia una continua ricerca e riparazione delle perdite ed inoltre reperire tanta acqua in grado di fronteggiare quelle perdite che sarà impossibile evitare.

Fuori servizio da 30 anni
Il secondo esempio riguarda la mia città: Mestre: 220000 abitanti stabili con territorio pianeggiante. L’acquedotto è munito di un serbatoio pensile alto 55 m ed un piezometro circolare della stessa altezza. Un tempo la pressione di funzionamento era sui 50 m. sul suolo. L’abbassamento della pressione, messa in atto da più di trenta anni è risultata estremamente facile. E’ bastato usare pompe con prevalenza di una trentina di metri, escludere completamente il serbatoio pensile (che da trenta anni è completamente vuoto) e pompare direttamente in rete.
I due esempi indicano chiaramente come le soluzioni da scegliere siano funzione diretta dello stato dei luoghi e degli impianti. Io credo che in Italia ci sia un numero enorme di grandi città con territorio pianeggiante nelle quali la regolazione della pressione potrebbe con estrema facilità essere adottata con caratteristiche ancora migliori di quelle di Mestre e cioè avere in rete una pressione di 35-40 m nei periodi di consumo di punta per abbassarla fino a 20 m. di notte dalle ore 1 alle 5 del mattino . Il risultato potrebbe essere così riassunto:
1) Minori danni all’ambiente per la riduzione di consumi d’acqua
2) Forte economia di spesa di gestione del servizio idrico
3) Maggiori entrate per un leggero aumento delle bollette di pagamento dell’acqua date dal miglior servizio offerto all’utenza.
Le conclusioni finali appaiono ovvie.