VELLETRI – ACQUEDOTTO ORIGINARIO – PROGETTO ANNI 90 NON REALIZZATO – IL FUTURO

L’impegno profuso dallo scrivente per risolvere i problemi idropotabili di Velletri risale agli anni 90 e quindi potrebbe considerarsi superato ma ne viene qui fatta menzione per documentare come, anche in questa occasione, siano possibili considerazioni molto interessanti sia sullo stato del servizio idrico in genere quale era in tempi andati, sia in merito ad una progettazione eseguita un ventennio addietro ma comunque densa di validi esempi ed infine per far risaltare le grandi possibilità consentite dalla tecnica moderna.

figura n. 1 Profilo schematico acquedotto originario
figura n. 1
Profilo schematico acquedotto originario.
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Come risulta dalla figura n.1, al momento dell’intervento della società presso la quale lavorava il sottoscritto, l’acquedotto di Velletri era costituito da una rete unificata che avrebbe dovuto alimentare tutto il territorio comunale potendo emungere dalla falda sotterranea della zona a più bassa ( quota 140 m circa ) un quantitativo più che sufficiente di buona acqua potabile. Il servizio si dimostrò invece del tutto carente in quanto l’andamento altimetrico del suolo con dislivelli di centinaia di metri da centro storico alla zona periferica e la elevata pressione interna delle tubazioni che tale situazione altimetrica provocava soprattutto al verificarsi di bassi consumi, ha messo in atto le difese naturali che sempre si verificano in casi dei genere, difese che consistono nella creazione di falle nelle tubazioni e in perdite occulte di quantitativi di acqua così rilevanti da riuscire ad abbassare una linea piezometrica troppo elevata rispetto al suolo ma ad un prezzo altissimo in quanto l’intero acquedotto risultava praticamente inservibile. Per poter almeno far arrivare agli utenti un volume minimo d’acqua non rimase che l’adozione del servizio turnario con il quale lasciar all’asciutto per molte ore la gran parte della rete e concentrare alternativamente tutta la precaria disponibilità idrica in zone molto ristrette e per periodi di solo qualche ora al giorno. Ovviamente ne derivava un servizio assolutamente inaccettabile che rendeva inevitabili dei lavori imponenti ovviamente preceduti da diversificate progettazioni. Il profilo schematico della figura n. 2 illustra la soluzione cui ha collaborato lo scrivente e che può cosi riassumersi.

Figura n. 2 Schema indicativo del progetto anni 90
Figura n. 2
Schema indicativo del progetto anni 90.
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La struttura prioritariamente prevista consisteva in un grande serbatoio di accumulo al quale far svolgere non la mera e normale azione di compensazione delle portate ma un compito ben più importante che comportava una vera e propria rivoluzione nel funzionamento della rete ovviando al suo maggiore difetto e cioè alla unificazione rete dalla quale derivavano le eccessive pressioni di esercizio.
Allo scopo, nella zona acquifera posta quota 140 m circa, erano previsti nuovi pozzi e una centrale di sollevamento la quale, a mezzo di opportuna condotta adduttrice, convogliava l’acqua al citato grande serbatoio di accumulo posto, in funzione diretta della rinnovata rete di distribuzione suddivisa in due parti principali mediante una disconnessione continua grosso modo posta lungo la curva di livello 325, ad una quota altimetrica di 340 m circa. La parte di rete posta a monte della disconnessione e destinata a servire gran parte del centro storico che si estende appunto dalla quota 325 fino alla sommità di quota 370 circa, veniva alimentata a gravità dalle esistenti vasche di carico poste a circa 395 m e destinate a ricevere acqua dall’impianto di pompaggio annesso al serbatoio di quota 340 con un sollevamento di 30 m circa. Si può constatare come tale parte di città, che rappresenta il centro più popoloso, con la soluzione scelta sarebbe stata rifornita con una pressione massima di 70 m circa compatibile con un normale esercizio, pressione che si sarebbe abbassata fino ad un minimo di 35 m per le richieste massime di punta oraria.

Profilo indicativo progetto anni 90 con dettagli
Figura n. 3
Profilo indicativo progetto anni 90 con dettagli.
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La particolarità da mettere in evidenza riguarda il resto della rete, avente una superficie rilevante e che si sviluppa alle quote inferiori a 325 m comprendendo una zona alta abbastanza popolosa ed una più bassa che degrada fino a i 145 m. la cui alimentazione avrebbe avuto luogo, nella sua totalità, direttamente per gravità svolgendo il nuovo grande serbatoio anche la funzione di vasca di carico. In questo modo la zona circostante il serbatoio per una fascia che altimetricamente va dalla quota 325 fino a circa quota 255 funziona ad una pressione di m 70 – 35 e quindi anch’essa pienamente compatibile con i valori normalizzati di acquedotto mentre quelle più bassa ( da m. 255 a 140) caratterizzata da abitazioni sparse e quindi di scarso consumo idrico viene servita da una rete munita di valvole di riduzione della pressione per riportarla entro valori normali.
Si ribadisce l’originalità della soluzione descritta soprattutto per la felice scelta del duplice compito assegnato al grande serbatoio di compenso di fungere al tempo stesso da vasca di carico di una rete molto ampia ed inoltre per l’impiego delle valvole che, tramite regolazione valvola per valvola ma in modo autonomo non essendo previsto l’impianto centralizzato di telecontrollo e telecomando, riducono la pressione a valori fissi qualunque sia la portata in transito, portata comunque di modesta entità in considerazione delle caratteristiche prettamente rurali della zona.
Come già citato nelle premesse la soluzione tecnica del problema di Velletri andrebbe oggi risolto in maniera completamente diversa e della quale, nella presente nota si vuole almeno riportare un breve accenno.
Si deve notare che nell’articolo  RETE ACQUEDOTTISTICA INTEGRATA NEL TERRITORIO è descritta in dettaglio una soluzione che si presterebbe molto bene in quanto è relativa ad un territorio molto simile a quello di Velletri.

Esempio di rete in terreni montani regolata dalla presenza di serbatoi idropneumatici. (cliccare per ingrandire)
Figura n. 4
Esempio di retei regolata dalla presenza di serbatoi idropneumatici. ed assimilabile a quella del progetto “Velletri”
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Si evita pertanto di dilungarci in questa sede fornendo di seguito le caratteristiche principali della soluzione che si adatta molto bene per il caso in esame e rinviando a detto articolo per i particolari, articolo dal quale viene ricopiato il profilo indicativo (vedi figura n. 4) da cui si possono dedurre i principi informatori della soluzione di cui si tratta. Allo scopo si deve supporre che nella zona indicata in profilo con la scritta  “Centrale di sollevamento” si trovino anche i nuovi pozzi di Velletri mentre i serbatoi idropneumatici n. 1, 2 e 3 siano distribuiti nella rete così come le fasce di stabilizzazione da ubicare lungo determinate curve di livello del territorio della stessa città di Velletri. Il risultato ottenibile sarebbe senz’altro buono essendo assimilabile a quello riportato nell’articolo medesimo.

Queste le modalità di progetto.
Nella zona bassa costruire:
– nuovi pozzi atti a dare la necessaria portata
– grande serbatoio di accumulo in grado di effettuare la compensazione giornaliera e settimanale
– impianto di sollevamento annesso al serbatoio e munito di diverse serie di pompe a velocità variabile comandate da impianto di telecontrollo e telecomando per immettere l’acqua in diretta ed nelle diverse fasce di rete
– mantenimento della rete unificata con creazione di fasce di stabilizzazione munite di serbatoio idropneumatico del tutto simili a quelle dell’articolo appena citato.
In altri termini la soluzione futura sarebbe basata su un pompaggio diretto in rete a pressione regolata in modo continuo tramite impianto di telecomando telecontrollo.

L’autore della nota ritiene di aver fornito un valido esempio di variegati modi di concepire e gestire gli acquedotti in zone difficili da alimentare come sono quelle con andamento altimetrico molto vario, modi che vanno da quello di vecchia concezione adottata ai primordi della distribuzione idropotabile con rete in pressione, ad una progettazione semplicistica a reti unificate per qualsivoglia territorio, progettazione che purtroppo è ancora molto diffusa ed infine ad una visione moderna della tecnica basata sulle possibilità offerte dalla presenza degli impianti di telecontrollo telecomando.

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