
( cliccare per vedere il filmato delle demolizioni dei serbatoi)
Riveste sempre un notevole interesse prendere visione con critica costruttiva della letteratura tecnica sia cartacea che digitale. L’approfondimento da me recentemente effettuato dagli articoli che su internet trattano l’argomento “pressione di esercizio degli acquedotti” riguarda gli elementi di seguito elencati. ( NB. I termini in corsivo possono aiutare per la ricerca con google degli interessanti articoli presenti in rete )
Algoritmi genetici, scelta delle decisionii che è possibile mettere in atto, modelli per identificare le zone di rete che hanno più bisogno di interventi, Indicatori di performance che descrivono sinteticamente le condizioni della rete e la sua efficienza idraulica (indice di resilienza), la frequenza delle rotture, la rappresentazione delle perdite idriche, indicatore globale di valutazione, diffusione dei contaminanti in rete, effetti delle perdite sulle contaminazione di rete, precisione dei contatori d’acqua, determinazione della convenienza di sostituzione del contatore, valutazione automatica del bilancio idrico.
Si tratta di temi molto interessanti e ben approfonditi con competenza e proprietà, accompagnati anche da esempi di loro applicazione pratica a piccole parti di acquedotti reali essendo tesi più alla dimostrazione della efficienza del metodo che alla risoluzione di problemi reali degli acquedotti considerati nella loro interezza. Non posso quindi che ribadire quanto da me sostenuto ripetutamente e cioè che il notevole progresso tecnologico da essi rappresentato in campo acquedottistico può essere utilizzato soltanto in un secondo tempo e quindi dopo che si è provveduto a modificare gli acquedotti nella loro struttura di base secondo le modalità consigliate nel presente sito e da cui si ottengono risultati molto consistenti. Ad avviso di chi scrive, solo a posteriori e quindi solo dopo aver toccato con mano tale vantaggioso esito si potrà arrivare all’ambito traguardo derivante dalla applicazione pratica delle nuove teorie, il cui impiego preventivo, come si dimostra qui di seguito, non avrebbe senso. Allo scopo descrivo sinteticamente alcuni esempi ricavati da gestioni reali e che pertanto non riguardano mera teoria ma elementi effettivi dei quali non posso, per evidente obbligo di riservatezza e per mancata autorizzazione a farlo, riportare qui nomi, ubicazione ente gestore ecc. ma che comunque sarebbero verificabili in qualunque momento.
Ad esempio una conclusione eclatante la si ricaverebbe dall’esame di un grande insieme acquedottistico ben conosciuto da chi scrive per avervi impegnato anni di intensa attività, sito in area molto vasta, a scarsa pendenza del suolo e che serve molti comuni con un’unica rete di adduzione magliata ed alimentata per la sua totalità da vasche di carico poste alla quota della linea piezometrica essendo costituite esclusivamente da serbatoi pensili. Sono ben noti a chi scrive i problemi irrisolti di funzionamento della serie di serbatoi pensili posti a distanza di decine di chilometri l’uno dall’altro essendo alimentati da una unica grande rete di adduzione. Come ripetutamente indicato in questo sito, quando in una stessa rete magliata sono inseriti più di un serbatoio aventi quota corrispondente con la linea dei carichi piezometrici è impossibile ottenere un buon funzionamento degli invasi. I casi sono in alternativa : o i serbatoi sono sempre pieni ( giorni di medio-basso consumo ) oppure si svuotano fuori tempo rispetto ai consumi di punta e quindi non riescono nemmeno in questo caso a svolgere compiutamente il loro compito che consiste nella compensazione delle portate (giorni di massimo consumo). La conclusione da rilevare è la seguente. Certamente per affinare le modalità di pompaggio e poter definire le migliori sequenze di intervento delle numerosissime apparecchiature in normale servizio nell’acquedotto in oggetto ( pompe, valvole, serbatoi pensili ed a terra ecc. ecc.) sarebbe utile l’impiego della metodologia teorica sopra elencata perché la situazione attuale basata sulla pratica di esercizio risulta certamente superata, farraginosa e con risultati molto scarsi nel mentre le nuove possibilità basate sulle moderne teorie otterrebbero dei sicuri vantaggi cui chi scrive attribuirebbe il punteggio 10. Io però sostengo che la cosa da fare è completamente diversa: invece di agire con esito a punteggio 10, si potrebbe anzi si dovrebbe soprassedere in tale impegno ed invece urgentemente cambiare la strategia di base, abbandonando tutti i serbatoi pensili e le vasche di carico e realizzando di fatto un nuovo funzionamento a immissione dirette delle pompe in rete ed a pressione regolata dall’impianto di telecontrollo e telecomando che sicuramente si presterebbe benissimo alle caratteristiche pianeggianti del territorio servito e della rete interconnessa, passando a un punteggio che chi scrive valuta pari a 50 – 60!. Una volta operata questa necessaria rivoluzione, allora e solo allora si potrebbe passare ad affinare le soluzioni con la nuova tecnica.
L’esempio riportato è, ad avviso di chi scrive, molto significativo in quanto, quando si discute della nuova tecnica, è prassi normale pensare sempre di utilizzarla per migliorare l’acquedotto considerato e lasciato nella stessa situazione generale in cui si trova.
La riprova eclatante è data dall‘enorme numero di acquedotti italiani sempre alimentati a pressione di partenza fissa. Ebbene la prima cosa da fare è eliminare, fatti salvi i casi particolari, tutte le vasche di carico ed i serbatoi pensili che dominano tutte le nostre città e rovinano il funzionamento idraulico della rete, dopodiché si potrebbe pensare alle nuove tecnologie.
La controprova di quanto asserito è data dagli esempi reali, anch’essi ben a conoscenza di chi scrive, nei quali sono state effettivamente apportate le modifiche pratiche di base descritte e consistenti nel passaggio da alimentazione della rete a pressione di partenza fissa tramite vasche di carico alla immissione diretta in rete a pressione variabile ed usufruendo di pompe a velocità variabile in funzione della pressione ideale di arrivo. I risultati ottenuti e proseguiti per decenni sono stati eclatanti in fatto di riduzione delle perdite occulte, nella economia di spesa energetica ed infine in miglioramento del servizio offerto all’utenza. Anche in questi casi applicare anticipatamente la metodologia teorica in premessa avrebbe dato vantaggi reali ma molto inferiori a quelli effettivamente avuti nel mentre è ora possibile la sua adozione con ulteriore miglioramento del servizio idropotabile.