RIQUALIFICARE GLI ACQUEDOTTI

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Il logo dell’autore quale dimostrativo simbolo delle azioni propugnate

Nei miei articoli presenti nel sito e pubblicati altrove ho insistito fino alla noia sulla rivoluzione da apportare alla stragrande maggioranza degli acquedotti italiani per rimediare ai gravi difetti che li affliggono. Tento ora di tracciare una scorciatoia descrivendo in breve alcuni degli interventi atti allo scopo cominciando dal titolo “RIQUALIFICARE” che significa riutilizzare l’esistente migliorandolo fino a renderlo funzionale ed economico.

Premesso che l’azione promossa da chi scrive si basa sulla regolazione della pressione di esercizio ed in dettaglio sulla preimpostazione dei valori pressori e variabili ora per ora che idealmente si dovrebbero raggiungere durante la giornata tipo in arrivo a tutte le aree servite ( vedi articolo  PRESSIONE), due sono le categorie di acquedotti che si differenziano per le modalità di attuazione della auspicata riqualificazione.

A) Acquedotti a servizio di aree pianeggianti.

La risoluzione dei problemi risulta estremamente facilitata dalla planarità del territorio grazie alla quale, per avere buoni risultati, sarebbe sufficiente regolare la pressione del sollevamento attuata da pompe a velocità variabile con immissione diretta in rete ed in funzione del risultato finale e cioè della pressione di consegna rilevata in tempo reale. Soltanto in caso di reti molto estese si dovrebbe ricorrere al risollevamento mediante impianti sussidiari diffusi in rete e costituiti da serbatoio di accumulo a terra e pompe di sollevamento a velocità variabile che svolgano sempre lo stesso ruolo di pompare a pressione variabile regolata.

B) Acquedotti a servizio di aree collinari o montane. In questo caso il problema di avere in tutte le zone una pressione sul suolo di valore prefissato è reso molto arduo dalla variabilità delle quote terreno che comporta inevitabilmente forti variazioni anche nella pressione relativa al suolo stesso. Il problema viene normalmente risolto suddividendo la rete per fasce altimetricamente omogenee e quindi alimentando ciascuna sottorete a pressione differenziata ed aggiungendovi una regolazione supplementare effettuata a mezzo valvole di riduzione.

Un modo per poter regolare la pressione residua è indicato nell’articolo “RETE INTEGRATA NEL TERRITORIO” in cui si spiega come assicurare un buon parallelismo tra superficie piezometrica e suolo pur mantenendo l’unificazione della rete di distribuzione.

In conclusione ecco ciò che si intende ribadire a gran voce:

* La pressione di esercizio delle reti di distribuzione dell’acqua potabile non deve mai essere eccessiva in quanto produce solo danni alle strutture acquedottistiche ed agli impianti interni dell’utente facendo anche aumentare a dismisura le perdite occulte.

* E’ opportuno fornire acqua ad una pressione più elevata durante i periodi di maggior consumo nel mentre di notte ed in tutti gli altri periodo di bassa richiesta bisogna ridurre al minimo la pressione sul suolo.

* La regolazione della pressione è enormemente facilitata nelle aree aventi andamento orizzontale o sub orizzontale per cui non si capisce come esistano ancora città pianeggianti alimentate a pressione di partenza fissa.

* La regolazione nelle aree con notevoli dislivelli del suolo presenta difficoltà di regolazione della pressione per cui occorre studiare di volta in volta la soluzione che meglio si adatta al caso specifico, soluzione che in ogni caso esiste e garantisce comunque risultati importanti.

Termino con un significativo aneddoto.

Serbatoio pensile di Marghera altezza m. 55. Fuori servizio da 30 anni
Serbatoio pensile di Marghera altezza m. 55.
Fuori servizio da 30 anni

Dalle finestre di casa mia posso vedere il serbatoio di Marghera (VE) di cui alla foto allegata. Si tratta di un’opera notevole costruita contemporaneamente alla nascita di Mestre città allo scopo di alimentarla d’acqua per tutta la sua estensione partendo dalla notevole altezza del serbatoio stesso ( 55 m). L’opera è inutilizzata da una trentina d’anni perché durante tale importante periodo la città è stata alimentata e lo è tuttora con immissione  in rete effettuata da tre centrali  in diretta pompando a soli 35 m invece dei 55 metri di altezza del serbatoio. Ciò significa risparmiare ogni giorno e da un trentennio il sollevamento di una portata d’acqua pari a circa un mc /sec ad una altezza minore di 20 m. rispetto a quella necessaria se si continuasse ad usare il serbatoio pensile. Significa inoltre avere un ulteriore notevole risparmio grazie alle minori perdite di una rete che funziona ad una pressione inferiore di ben due bar. Ma c‘è una ulteriore osservazione da fare: sarebbero possibili ulteriori economie abbandonando i 35 m. fissi di inizio rete ed adottando un diverso concetto nel sollevamento. Logicamente intendo parlare del più volte citato pompaggio a pressione variabile regolata in funzione di quella di arrivo, pompaggio che chi scrive ha sperimentato per decenni con ottimi risultati in più acquedotti.

La conclusione è semplice: la regolazione della pressione di esercizio delle reti di distribuzione degli acquedotti è una pratica alle volte molto facile da attuare  ( l’esempio classico è dato delle città pianeggianti ) altre volte presenta difficoltà più o meno gravi ma in tutti i casi sussistono sempre e comunque delle opportunità notevoli che impongono a tutti i gestori di effettuare le necessarie verifiche essendo lapalissiano che la scarsa adozione del funzionamento a pressione regolata negli acquedotti italiani rappresenta una mancanza gravissima ed assolutamente imperdonabile soprattutto in questi tempi gravati da una profonda crisi economica.