AUSPICANDO LA MORTE DELLA DISTRETTUALIZZAZIONE ACQUEDOTTISTICA

Esempio di stato di consistenza planimetrico (www.proteo.it)
Esempio di stato di consistenza planimetrico (www.proteo.it)

La metodologia di distrettualizzazione delle reti idriche degli acquedotti che Il D.M. dei Lavori pubblici n. 99 dell’8 gennaio 1997 ha introdotto ufficialmente in Italia sia per la ricerca delle perdite sia per il monitoraggio e la gestione dei sistemi idrici di distribuzione cittadina, è basato sulla suddivisione provvisoria o definitiva della rete in tante piccole parti isolate e chiamate appunto distretti ognuna delle quali, essendo alimentata da condotte singole, può essere agevolmente tenuta sotto controllo ottenendo importanti risultati di regolazione della pressione e di diminuzione della piaga delle perdite occulte che sta attualmente dilagando. Nel mentre il metodo non rientra in tutti i libri di acquedottistica ad uso universitario né nel programma di insegnamento di molte università, esso sta invece ottenendo in varie parti del mondo una grande diffusione tra gli studiosi più qualificati e fioriscono approfonditi studi che, tramite sofisticate e valide teorie matematiche e statistiche ne definiscono le caratteristiche riuscendo brillantemente a risolvere i problemi matematici molto complessi che esse pongono. Sono moltissime le pubblicazioni che documentano i grandi progressi ormai portati a termine per cui le strade da seguire sono ormai delineate. Gli esempi di applicazione pratica cominciano ad aumentare pur non avendo ancora ottenuto quella diffusione che le entusiastiche presentazioni facevano prevedere.


Affermo fin da ora che la realtà presenta due aspetti contrapposti:
* da una parte gli studiosi che ne hanno fatto la loro bandiera, proseguendo nello studio fino a risolvere molti problemi e formulando una strategia straordinaria,
* dall’altro la distrettualizzazione pone seri problemi come sarà avanti dimostrato.


Innanzitutto né chi ha compilato la legge né molti studiosi della teoria si sono resi esattamente conto di quali danni e rischi induce nell’esercizio degli acquedotti il fatto di sezionare la rete in tante piccole parti.

Senza dilungarmici a lungo ne stilerò solo l’elenco:
* Aumentano le perdite di carico generali della rete causando maggiori spese in tutti gli acquedotti a sollevamento meccanico,
* Aumentano i rischi di fuori servizio dei distretti rispetto alla garanzia data dalle reti magliate e molto interconnesse,
* Nel caso di rotture delle condotte singole di alimentazione dei distretti, aumentano a dismisura i danni per mancata fornitura d’acqua agli utenti,
* Viene ridotta la grande uniformità di pressione delle reti magliate sia in regime di normale funzionamento sia per il caso di rotture in rete.

Ma c’è un argomento essenziale che voglio mettere in risalto in questo articolo dove si auspica dichiaratamente la morte della distrettualizzazione senza  più volerne parlare, perchè si tratta di tratta di un errore talmente madornale che a mio avviso hanno commesso e stanno commettendo tutti coloro che sostengono la distrettualizzazione. Si tratta di questo: quando si discute, si dimostra con dati reali e con  calcoli teorici la grande convenienza  della distrettualizzazione mai, dico mai, qualcuno si è preoccupato di verificare come, nella rete distrettualizzata, si comportano i serbatoi di compensazione giornaliera. Se lo avessero fatto si sarebbero accorti che il vantaggio di aver ridotto le perdite è fortemente decurtato dal fatto che questa nuova metodologia, oltre ad aver spezzettato una rete ben interconnessa con tutti i problemi idraulici che ciò comporta, ha anche  distrutto l’azione di compensazione delle portate da parte dei serbatoi a funzione giornaliera. Il trascurare questo controllo costituisce di per sè una mancanza grave in quanto il loro sistema costringe la produzione a variare continuamente onde supplire alla mancata azione dei serbatoi.  Ora definire utile una metodologia trascurandone una parte così importante , ad avviso di chi scrive, annulla di per sè ogni dichiarazione di utilità della distrettualizzazione medesima. Ripeto di questo argomento, importantissimo non parlerò più perchè è la conferma della totale e generale  mancanza di conoscenza del funzionamento reale degli acquedotti.
Nella realtà, poco nota ai teorici che propinano la distrettualizzazione, i gestori non sono senza dubbio propensi ad adottare tale tecnica, non tanto per le cause che molti testi riportano e cioè per le difficoltà ed i suoi costi di realizzazione e gestione, quanto invece per i problemi sopra elencati che addossano ai gestori responsabilità, difficoltà e rischi non giustificati dai risultati, risultati che, come vedremo avanti, dovrebbero potersi raggiungere senza attuare alcuna menomazione alla rete, anzi maggiorandone al massimo le interconnessioni tra le stesse condotte di rete ed anche tra reti di acquedotti situati a confine. ( vedi “Il magliaggio”)

Una importante conferma della negatività della distrettualizzazione viene fornito anche dal testo ” LA RICERCA DELLE PERDITE E LA GESTIONE DELLE RETI DI ACQUEDOTTO. Terzo seminario . Perugia 20, 21 settembre 2007 a cura di : B.Brunone, M.Ferrante e s.Menicoli” da mè molto apprezzato e che riporto di seguito:

l’obbligo della distrettualizzazione pone notevoli problemi tecnici in quanto la progettazione delle reti di distribuzione idrica in Italia si è orientata verso sistemi magliati ad elevato grado di interconnessione interna che garantiscono buone prestazioni in condizioni di esercizio molto variabile nel tempo e nello spazio “

Devo anche denunciare che i grandi vantaggi dei distretti già in esercizio e che vengono diffusi a gran voce, appaiono eclatanti per il semplice motivo che il raffronto con cui i vantaggi medesimi sono determinati, non avviene paragonando la rete distrettualizzata con le stessa rete considerandola già fatta oggetto di altre metodologie di regolazione della pressione di cui si parlerà più avanti. Il raffronto è invece fatto tra una rete a pressione regolata tramite i distretti ed una rete trogloditica e cioè una rete che è basata su concetti totalmente errati. Qualora invece, prima di realizzare la distrettualizzazione, si considerassero anche altri sistemi di regolazione delle pressione e di riduzione delle perdite basate sul mantenimento dell’integrità totale della rete di distribuzione, ci si accorgerebbe che sussistono altri modi (e molti di più esisterebbero se si operasse razionalmente con le modalità di cui si dirà più avanti) che sono in grado di dare vantaggi che nel complesso sono sicuramente maggiori di quelli ottenibili con la distrettualizzazione. (Vedi “La distrettualizzazione”).
E qui risalta un altro grave pericolo. Il diffondersi di tale tecnica senza approfondire i metodi alternativi di cui si è  detto, ha come conseguenza secondaria il perpetuare nel tempo una strategia acquedottistica di base superata come è quella della maggior parte degli acquedotti italiani. A tale riguardo basterà segnalare come la stragrande maggioranza di essi siano ancora alimentati dalle vasche di carico che molte università considerano indispensabili nel mentre decenni di esercizio effettivo hanno dovunque dimostrato i grandi vantaggi della immissione diretta in rete a pressione regolata.  Un esempio che fa scalpore è  quello, molto diffuso, di un acquedotto che dapprima pompa giorno e notte l’acqua a  pressione elevata dovuta alla alta quota della vasca di carico, quota a suo tempo definita dal  funzionamento dei momenti critici di portata massima, per subito dopo dissipare con le valvole il carico eccessivo. Risulta chiaramente che per lunghi periodi si potrebbe benissimo sollevare in partenza ad una pressione inferiore regolando opportunamente il pompaggio e quindi diminuire fortemente la dissipazione operata dalle valvole.

Ora, il sostenere che ad un acquedotto mal costruito e mal gestito, vecchio come costruzione e soprattutto come costituzione, è sufficiente aggiungere la distrettualizzazione per rimediare a tutti i suoi problemi e per trasformarlo miracolosamente in un acquedotto perfettamente funzionante, significa mettere a rischio futuro tutto il sistema di rifornimento potabile italiano che invece ha estremo bisogno di modifiche sostanziali.

Aggiungerei un’ulteriore importante affermazione. Quando il legislatore ha redatto le leggi che proponevano la distrettualizzazione in tutti gli acquedotti aventi perdite elevate, avrebbe dovuto condizionarla ad una verifica preventiva delle condizioni dell’esistente servizio imponendo di effettuare in anteprima la eliminazione dei difetti gravi e solo a posteriori passare alla distrettualizzazione stessa.
Io mi sento di affermare tassativamente che il primo intervento da fare in un acquedotto che accusa perdite intollerabili è la verifica del suo stato effettivo considerando di primaria importanza la esecuzione dei lavori di eliminazione dei difetti gravi e, solo dopo aver ultimato questa essenziale operazione di revisione, passare alla distrettualizzazione.

Attrezzatura perla lettura automatica dei consumi privati non ancora adottata in Italia
Attrezzatura per la lettura e trammissione automatica dei consumi privati. L’ideale sarebbe aggiungere molte altre funzioni come il rilievo e trasmissione della pressione, dei tempi di misura, delle caratteristiche dell’acqua consegnata ecc.

Ancora, rientra in una essenziale strategia una decisione importantissima che dovrebbe essere affrontata urgentemente. Riguarda la sostituzione di tutti i contatori di utenza con nuove apparecchiature atte a rilevare e trasmettere automaticamente al centro la portata istantanea assorbita dall’utente, i relativi tempi di misura ed inoltre la pressione di consegna dell’acqua ( vedi nota “CONTATORI D’UTENZA O STRUMENTI UNIVERSALI IMPORTANTISSIMI? “). Se considerassimo come già eseguita questa operazione, il gestore si troverebbe in possesso ed in tempo reale di dati preziosissimi che consentirebbero di effettuare sia la gestione sia l’ammodernamento degli acquedotti in maniera esemplare. Nel frattempo gli studiosi che oggi impiegano il loro prezioso tempo a studiare modalità razionali per eseguire una distrettualizzazione modello, potrebbero invece darsi da fare per studiare delle modalità di verifica e di gestione di acquedotti non parzializzati ma addirittura migliorati nel magliaggio con aggiunta di nuove interconnessioni e soprattutto una maglia generale atta a collegare tra di loro diversi acquedotti che rimarrebbero sempre pronti ad effettuale mutui soccorsi in caso di bisogno. Invece cosa si fa anche nel settore della determinazione delle portate effettivamente consumate dall’utenza?  Si continua con contatori meccanici di tipologia sorpassata, che richiedono la lettura manuale che viene  fatta (quando va bene) ogni tre mesi e quindi senza dare la possibilità ai tecnici di conoscere le caratteristiche vere dei consumi d’acqua dell’utenza.

Esempio di territorio a forte dislivello alimentato con immisssione diretta in rete, pressioni regolate e sempre parallele al suolo
Esempio di territorio a forte dislivello alimentato con immisssione diretta in rete, pressioni regolate e sempre parallele al suolo

Concludo auspicando, come dal titolo, la morte della distrettualizzazione per un motivo semplicissimo: perché deve essere sostituita da una tecnologia di controllo del funzionamento e della regolazione degli acquedotti completamente diversa in quanto atta dare risultati migliori senza apportare alcuna menomazione alle reti esistenti e, soprattutto, senza contribuire a perpetuare soluzioni acquedottistiche obsolete ma invece convincendo gli studiosi ad indirizzare il loro grande talento non verso attività tutto sommato dannose come è la distrettualizzazione ma verso il vero progresso dell’acquedottistica.

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