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Il progetto generale dell’acquedotto del Consorzio Basso Tagliamento con sede a Fossalta di Portogruaro prevedeva che la centrale principale sita in comune di S. Vito al Tagliamento (PN) avesse la sua apparecchiatura qualificante in una pompa rivoluzionaria per quei tempi e cioè una grossa macchina a velocità variabile che permettesse la regolazione automatica della portata e della pressione dell’acqua immessa in rete (per dettagli cliccare qui) . Quando alla fine degli anni 70 si passò alla fase realizzativa di un’opera così innovativa ed importante, venne affidato al prof. Zingales dell’Università di Padova l’incarico di seguire la progettazione, l’affidamento alla ditta costruttrice , la posa in opera ed infine il collaudo della pompa medesima. L’incarico diede ottimi frutti, come vedremo. Quello che si vuole qui descrivere è l’importanza che occorre sempre dare ai due aspetti cui accenna il titolo e cioè affiancare ad una grande preparazione teorica come, nel caso specifico si è fatto, un impegno volto alla parte di gestione effettiva delle opere. Nel caso in argomento nulla da eccepire sull’essere riusciti ad avere una apparecchiatura perfettamente funzionante vincendo tutte le incognite e le complicazioni che essa comportava trattandosi di intervento estremamente innovativo per i tempi in cui si andava ad operare. Si trattava infatti di una grossa pompa a velocità variabile che, viste le possibilità del momento, doveva per forza essere alimentata a corrente continua essendo questo l’unico modo per modificare a piacimento la velocità di rotazione del motore e quindi della pompa: variare semplicemente la tensione della corrente. Nacque un dissidio sulla necessità, sostenuta a spada tratta da chi sta scrivendo, di dare elasticità di esercizio al sistema considerata tanto più necessaria in quanto, come già ripetuto, si trattava di opere innovative di cui non si aveva alcuna esperienza. Quello che in dettaglio il sottoscritto volle includere fin nella stesura del bando di appalto concorso per la costruzione della pompa, cui ovviamente fece seguito la realizzazione effettiva, fu un secondo sistema di regolazione da affiancare a quello molto sofisticato ed ottimo che costituiva la parte fondamentale della regolazione del funzionamento ma che, proprio per questo, doveva, a mio avviso, essere confortato anche da un dispositivo di riserva e di sicurezza completamente diverso. Vedremo poi come, nella realtà di un esercizio ultraventennale, questa regolazione ritenuta di secondaria importanza, venne poi promossa a ruolo primario essendo stata sempre utilizzata come regolazione quasi esclusiva, mentre fu quella principale ad essere declassata in regolazione di riserva.
Questa la descrizione dei due sistemi di regolazione.

Siamo nell’anno 1979 ed è appena uscito uno dei primi PC : l’Apple II. Il prof. Zingales propone di utilizzarlo per l’automatizzazione della centrale regolando la velocità di rotazione della pompa in funzione della portata in uscita rilevata in tempo reale da un venturimetro da 500 mm installato in uscita dalla centrale: il pc aumenta o diminuisce la velocità ogni qualvolta il venturimetro mostra rispettivamente aumento o diminuzioni della portata richiesta dall’utenza. Il pc effettuava anche tutti i controlli di routine assicurando la necessaria moderazione nei cambiamenti e la doppia conferma di risultato in ogni manovra. Su mia iniziativa viene aggiunto un secondo metodo di regolazione tanto semplice da essere, a prima vista, considerato banale ma che dimostrerà in seguito la sua validità. Esso consiste nel poter memorizzare nel pc un grafico giornaliero delle velocità di rotazione della pompa che si possono prefissare per le 24 ore della giornata tipo: il pc lo legge ed in tempo reale fa girare la pompa esattamente alla corrispondente velocità predisposta nel grafico. La pompa e la sua gemella di riserva vengono costruite ed installate. Per il collaudo, sotto la guida e responsabilità del prof. Zingales, una volta messa in moto la pompa, vengono fatte delle prove di funzionamento dell’insieme operando diversificate aperture di un scarico posto a 40 km e che simulano diversificate e probabili richieste dell’utenza. Tutto funziona a meraviglia: il pc quando rileva un aumento di portata in uscita provvede ad aumentare la velocità fino a stabilizzare il funzionamento cioè a consentire che lo scarico emetta una portata fissa. Quando vene parzializzato manualmente lo scarico che è, lo ricordiamo, lontano una quarantina di km, il pc, rilevata la diminuzione di richiesta, riduce la velocità fino a trovare il nuovo regime di stabilità con la minore portata.

A questo punto interviene il sottoscritto che vuol dimostrare al prof. Zingales che, in un caso di funzionamento assolutamente improbabile ma non impossibile, potrebbero verificarsi delle anomalie piuttosto gravi nella regolazione. Allo scopo fa aprire del tutto uno scarico posto a poca distanza dalla centrale. Il pc provvede subito ad aumentare la velocità della pompa. La maggior pressione fa aumentare ulteriormente la portata dello scarico il che provoca un altro aumento dei giri della pompa e conseguentemente una maggior portata dello scarico. Il fenomeno si ripete in continuazione con portate progressivamente crescenti e diventa necessario cessare subito la prova considerandola fallita ma utile per illustrare una pericolosa possibilità di disservizio pur se goudicata non realistica sia per la eccessiva vicinanza del prelievo effettuato in area non facente nemmeno parte del territorio consorziale, sia per l’eccezionale ed irreale portata prelevata dall’idrante. Si deve aggiungere che nella successiva e normale gestione dell’acquedotto, il sistema di regolazione automatica ha funzionato perfettamente ma che in epoca successiva si è sentita la necessità di intervenire nella gestione modificando alcuni dei regimi che l’automatismo adottava da solo, onde poter imporre delle modifiche ritenute opportune a seguito delle verifiche effettuate presso la vasta e differenziata utenza. Il problema è stato risolto passando al secondo metodo di regolazione che ha permesso di umanizzare il servizio migliorando la consegna nei momenti di massimo consumo ed adeguando alle esigenze che man mano venivano alla luce durante tutti gli altri regimi di funzionamento. La conferma la si è avuta durante i seguenti decenni di esercizio.
La conclusione della presente nota è chiara. Nella costituzione e nella gestione dei sistemi di approvvigionamento idropotabile deve senza dubbio primeggiare la conoscenza delle buone teorie e della disponibilità reale di nuove apparecchiature ma occorre anche tener in debito conto la pratica di esercizio facendo tesoro della conoscenza reale del funzionamento del proprio acquedotto. Soprattutto non si può negare all’acquedotto una caratteristica di fondamentale importanza : gli impianti devono assolutamente possedere una grande elasticità di esercizio evitando di fossilizzarsi su soluzioni certe ma univoche. Occorre sempre tener aperta una porta in più che permetta interventi risolutori di eventualità impreviste ma pur sempre possibili.
Un’altra considerazione molto importante riguarda l’aver adottato in tempi remoti e con esito ottimo le pompe a velocità variabile nel mentre oggi, a decenni di distanza, pur essendo diffusi apparecchi come gli inverter che permettono una facile modulazione di velocità dei motori elettrici, tale impiego non è ancora raccomandato né dalle università né nei testi di acquedottistica che vanno per la maggiore dove invece si continua a imporre l’alimentazione delle reti di distribuzione a pressione fissa a mezzo vasche di carico.