
Il progresso della tecnica ha assunto in questi ultimi anni ritmi vertiginosi. Non parliamo del digitale cui non si fa tempo di aver appreso una nuova regola, di aver acquisto il più recente computer che tutto viene immediatamente superato da nuovi ritrovati per cui chi vuole essere aggiornato deve ripartire continuamente da zero.
Ma c’è un settore che, molto stranamente, non segue affatto questa regola ed è l’acquedotto. Citerò un fenomeno ancora più grave: l’industria produce apparecchiature acquedottistiche sempre più moderne ma gli utilizzatori le ignorano e continuano nel vecchio ed obsoleto sistema.
Basta percorrere le strade di pianura per scorgere all’orizzonte una miriade di serbatoi pensili i quali, oltre che deturpare il paesaggio, svolgono solo una modesta attività positiva mentre provocano, nella quasi totalità dei casi, rilevanti danni al servizio idropotabile. Ancora basta pensare alle ottime pompe a velocità variabile che sono disponibili ma che non vengono affatto utilizzate in modo congruo.
L’enorme ritardo che denuncia l’aggiornamento della tecnica del sistema idropotabile è irrecuperabile e gli accorgimenti che si sono sperimentati trenta anni fa con esito più che soddisfacente sono tutt’ora ignorati dall’università e da molti gestori.
Fa impressione sentire affermazioni di questo genere
* Non si può concepire un acquedotto che non sia alimentato dalla vasca di carico;
* Non si può pensare di pompare in diretta in rete ma deve assolutamente essere realizzata l’interruzione idraulica tra pompa e rete;
* La sicurezza di funzionamento di un acquedotto non sussiste senza un serbatoio (serbatoio pensile) in quota pronto ad intervenire in caso di disservizi.
Quello che stupisce veramente è il confronto tra i moderni manuali di tecnica acquedottistica e quelli in auge mezzo secolo fa : nei principi fondamentali sono identici il che conferma in modo assoluto che la tecnica acquedottistica di base è rimasta ferma.

Quello che segue è un elenco di alcuni articoli da mè pubblicati sulla rivista “L’ACQUA” Organo ufficiale della Associazione Idrotecnica Italiana:
1 – La razionalizzazione delle reti di distribuzione d’acqua potabile a sollevamento meccanico. N.3 dell’anno1998
2 – Fabbisogno, consumi e perdite nella pratica d’esercizio delle reti di distribuzione d’acqua potabile . N. 4 dell’anno 1999
3 – Verifica automatica delle reti di distribuzione d’acqua potabile. N.4 dell’anno 2000
4 – L’utilizzazione delle pompe a velocità variabile. N. 6 dell’anno 2004
Si tratta di quattro articoli i cui contenuti e data di pubblicazione sono una lampante dimostrazione di applicazione teorica ma soprattutto pratica di tecniche moderne che, nonostante gli anni trascorsi dalle loro formulazione e conseguente applicazione reale, non hanno trovato ancora posto nè sui libri di tecnica nè negli insegnamenti universitari ma che soprattutto non hanno trovato quella diffusione effettiva negli acquedotti che essi indubbiamente meritavano.
C’è un’altra considerazione da fare. Ai nostri tempi trovano attuazione degli interventi innovatori come le moderne modalità di determinazione teorica di soluzione di problemi matematici complessi o come l’adozione, molto sentita ed imposta anche dalle disposizioni di legge, della distrettualizzazione sulla cui efficacia non si vuole qui esprimere alcun parere ma che provocano sicuramente danni gravissimi. Infatti tali innovazioni vengono sistematicamente utilizzate per rimediare ai difetti di acquedotti esistenti senza però entrare nella loro costituzione di base che resta quella originaria. Ciò significa che le innovazioni stesse hanno il grave difetto di fornire, proprio perché tale argomento esula dal loro compito specifico, la conferma di un sistema acquedottistico di base sbagliato, sistema che pertanto è destinato a durare indefinitamente. La effettiva messa in pratica delle innovazioni medesime renderà inimmaginabile la sola formulazione ipotetica di quella rivoluzione che il sottoscritto ritiene indispensabile affinché gli acquedotti italiani possano ripartire col passo giusto.

Continueremo quindi ad avere acquedotti di tipo classico di cui non si può negare una verità incontrovertibile: gli acquedotti italiani, gestiti per il 90% da enti pubblici, accusano perdite occulte d’acqua pari alla metà dell’acqua da loro stessi prodotta.