
L’argomento è così importante da meritare di continuare nella discussione anche se ripetitiva.
Un accenno è da far subito alla diffusissima e pessima abitudine di alimentare le reti con vasca di carico quasi a voler dimostrare che questo sia l’unico modo per dare sicurezza di esercizio. Invece è certamente uno dei modi per avere cattivi risultati che si riassumono in :
– servizio inadeguato alle esigenze dell’utenza con alte pressioni in condotta proprio quando non servono,
– dispendio energetico negli acquedotti a sollevamento meccanico,
– vertiginoso aumento delle perdite occulte negli acquedotto colabrodo,
– aumento dei guasti di condotta.

Si dovrebbe invece diffondere nella stragrande maggioranza degli acquedotti l’immissione in rete a pressione variabile regolata in funzione delle richieste dell’utenza. Per i pochissimi acquedotti funzionanti a gravità deve essere ammessa l’alimentazione con vasca di carico a condizione di effettuare la regolazione locale della pressione di rete tramite valvole di abbassamento del carico asservite, grazie al telecontrollo, alla pressione finale da mantenere in corrispondenza della consegna dell’acqua all’utente. Bisogna prestare molta attenzione perché gli acquedotti a gravità funzionano spesso con pressioni elevatissime e quindi provocano danni ingenti.
Considero da escludere a priori la tanto reclamizzata distrettualizzazione per i danni che essa provoca nella costituzione della rete suddividendola in tante sottoreti e quindi distruggendo il loro pregio principale di un’estesa interconnessione a maglia continua. Oltretutto ammettere la distrettualizzazione significa dichiarare la propria incapacità nell’uso dei mezzi tecnici moderni quale l’uso dei modelli matematici integrati nell’esercizio e l’adozione di moderne tecnologie di regolazione di cui alcuni esempi sono riportati in questo sito.

Per tutti gli acquedotti a sollevamento meccanico il metodo migliore per l’immissione in condotta è l’impiego di pompe a velocità variabile integrate, quando necessario, da manufatti ed apparecchiature diffuse in rete per la modulazione locale di portata e pressione e che consistono in valvole di riduzione, pompe per il risollevamento di piccole portate e serbatoi locali a terra per compensazioni integrative. Il modo migliore per un razionale uso di questa tecnica è l’utilizzazione di sofisticati impianti di telecontrollo telecomando che sovrintendano ed automatizzino tutte le manovre ed i necessari controlli.
Un altro provvedimento di grande interesse è rappresentato dalla interconnessione sempre più ampia degli acquedotti tendente ad arrivare, previo studio generale, a grandi ed estesissimi sistemi coordinati, cui un giorno si dovrà senz’altro pervenire.
Nel frattempo sussistono difficoltà dovute non solo alla scarsità di mezzi economici ma soprattutto alla mancata accettazione di questa tecnica innovativa preferendo invece continuare con quella classica, come se in quest’ultimo mezzo secolo non si fossero avuti, anche nel settore idropotabile, progressi notevolissimi.
Da ciò derivano deficienze in molti campi. Ad esempio gli impianti di telecontrollo sono spesso utilizzati solo per automatizzare acquedotti che nella sostanza restano gli stessi di prima, mentre in molte altre realtà gli stessi Impianti di telecontrollo sono addirittura assenti.

Anche in quest’ultimo caso è sempre possibile ed auspicabile adottare la immissione a pressione variabile dell’acqua in rete essendo sufficiente l’installazione di comunissimi piccoli sistemi elettronici di automazione della centrale di sollevamento che siano in grado di fissare minuto per minuto la velocità di rotazione delle pompe sulla base di una prederminata e fissa sequenza giornaliera (comunque aggiornabile in ogni momento in funzione dei risultati reali di esercizio) per ottenere, come dettagliatamente precisato nella nota “LA REGOLAZIONE SEMPLIFICATA DELLE RETI DI DISTRIBUZIONE FUNZIONANTI A PRESSIONE VARIABILE” anche con questo semplicissimo sistema applicabile a qualsivoglia centrale di sollevamento d’acqua, risultati veramente straordinari.
