
Alcuni sindaci siciliani hanno emesso delle ordinanze con le quali diffidano i gestori degli acquedotti dal togliere il collegamento con l’acquedotto a coloro che non possono pagare l’acqua a causa delle ristrettezze economiche che li hanno colpiti ed imponendo ai gestori stessi di fornire almeno 50 litri al giorno di acqua potabile. Si deve senza dubbio convenire che si tratta di un principio sociale giusto non essendo ammissibile di far mancare a chicchessia un elemento vitale come l’acqua potabile. Nascono però delle contraddizioni di cui sarebbe bene discutere.
Innanzitutto come fare in pratica per limitare ai citati 50 litri la fornitura giornaliera? Bisognerebbe installare dei dispositivi automatici che una volta raggiunti i fatidici 50 litri provvedessero alla chiusura della presa d’acqua ma le spese di installazione di un dispositivo del genere ritengo finirebbero per superare quelle di una eventuale fornitura gratuita dell’acqua.
Quello che si potrebbe fare semmai è strozzare la luce del tubo di ingresso in modo che la portata continua resti sempre molto bassa anche senza rispettare il citato limite. Un altro problema è la identificazione di coloro che effettivamente hanno diritto ad una fornitura di emergenza distinguendoli da coloro che, pur non rientrando nel novero, potrebbero adeguarvisi abusivamente per risparmiare sulle proprie spese. Ora a chi spetterebbe l’onere di fare questi controlli? Io credo che, se non esistono già, devono essere creati degli enti di assistenza che seguano i molti problemi sociali che, in questi tempi di eccezionale crisi, colpiscono molte persone e che tra questi problemi venga incluso anche quello in oggetto.

Ed ora do la mia scellerata soluzione del problema. Io imporrei ai Comuni che hanno deliberato di fornire 50 litri al giorno come minimo a tutti, di aggiungere nella stessa delibera, poiché si tratta di soggetti che chiudono l’acqua a chi non la paga ma non chiudono affatto le proprie falle delle tubazioni stradali, di aggiungere una richiesta ai gestori di comunicare i quantitativi di acqua che il loro acquedotto disperde nel terreno e subito dopo punirei in qualche modo i gestori stessi per una dispersione assolutamente inammissibile.
Ho detto soluzione scellerata con un motivo ben preciso che è il seguente: Oltre il 90% degli acquedotti italiani sono totalmente o parzialmente in mano pubblica ed allora come fa il Comune a punire sé stesso o qualche Ente pubblico che li rappresenta o li sovrasta? Quindi quella da mè indicata non è una soluzione scellerata ma impossibile.
Quale la realtà vera? Eccola: i gestori pubblici continueranno in eterno a disperdere enormi volumi idrici e nello stesso tempo, con o senza delibera, continueranno a fornire tutta l’acqua che gli occorre a coloro che non pagano . Nel frattempo “pantalone” continua a sostenere le spese sia degli abusivi e sia quelle, infinitamente più consistenti, dovute alle perdite occulte degli acquedotti italiani.
Dalla nota si capisce bene il disappunto che provo nel vedere le nostre estese pianure disseminate di serbatoi pensili perché questo mi fa arguire quanti acquedotti potrebbero dimezzare le loro perdite occulte solo abbassando la pressione di alimentazione della rete durante la notte. Essendo presenti i serbatoi pensili ciò o non avviene affatto perché il serbatoio fissa la pressione di giorno e di notte oppure la regolazione avviene adottando sistemi costosi e complicati nel mentre, almeno per tutte le città di pianura piccole e grandi, ciò potrebbe aver luogo in maniera semplice ed economica. intanto cominciamo col mettere fuori servizio o meglio a demolire i dannosi serbatoi pensili ed ad alimentare la rete di notte più in basso dei serbatoi e di giorno, solo nei momenti di consumo elevato, più in alto dei pensili medesimi: i vantaggi saranno straordinari!.
