
Il cattivo funzionamento degli acquedotti italiani è ben noto come è ben nota la motivazione che i responsabili attribuiscono per il 99% delle ragioni alla sistematica carenza dei fondi necessari per rimetterli a posto.
Riporto in questa nota un paio di aneddoti che mi hanno tanto colpito da portarmi a conclusioni completamente diverse ed a mio avviso veramente eclatanti.
Per primo devo indicare come dopo aver impiegato oltre un anno per condensare le mie esperienze acquedottistiche in un testo, che è ora acquistabile come ebook per il prezzo simbolico di euro 1,99 ( clicca http://goo.gl/R1MtQT), avevo fatto richiesta ad una primaria casa editrice di una normale pubblicazione cartacea fornendole anche una copia stampata in bianco e nero e, in un primo tempo trovando un’accoglienza abbastanza favorevole . Col passare dei giorni aumentava, nell’esame svolto dall’editore, il timore che un libro come il mio non trovasse accoglienza e diffusione tra l’altro perché aveva il coraggio di specificare, dimostrandone anche la veridicità, alcune importanti correzioni di principio di errori madornali contenuti nei testi normalmente usati dall’Università per istruire i giovani ingegneri. Di conseguenza venivo invitato ad addolcire la pillola , cosa alla quale io ho aderito prontamente apportando le dovute modifiche. Le cose sembravano proseguire nel migliore dei modi ma ad un certo punto le condizioni poste al sottoscritto per ottenere la stampa venivano giudicate da mè eccessive nel senso che sarebbe venuta a mancare buona parte della ragione di tutto il mio lavoro che era proprio quella di mettere in risalto le aberrazioni inerenti gli acquedotti classici. Alla fine il rapporto con la casa editrice si concludeva con una decisione della casa stessa che era nella sostanza questa: il venir meno delle prospettive di vendita del mio libro essendo risultate perdenti nel confronto con la ristampa di un testo di acquedottistica già molto venduto. Questo ciò che è successo nella realtà. E’ uscita la nuova edizione di un testo diffusissimo del quale anch’io possedevo copia. Acquistata prontamente la nuova edizione, potevo constatare che questo testo non era e non è nient’altro che la fotocopia di quello precedente con qualche paginetta di aggiornamento. Tanto per fare un esempio vi figurano ancora tre pagine che spiegano nei minimi particolari le tubazioni in cemento-amianto e tutti i loro pezzi speciali pur venendo chiariti i problemi, a tutti ben noti, posti dall’amianto e motivando con quattro parole la totale esclusione dalle nuove pose in opera delle tubazioni in cemento-amianto, già in atto da tempo, essendo sostituite da altro materiale plastico. In sostanza chi studiasse questo testo avrebbe netta l’impressione che la tecnica acquedottistica dell’ultimo ventennio fosse rimasta ferma ed inalterata.
Ciò trova conferma anche dalla quasi totale assenza di trattare dal punto di vista costitutivo ma soprattutto degli straordinari risultati ottenibili dalle pompe a velocità variabile e dalla modulazione di portata/pressione che deriva dal loro impiego ormai diffusissimo in molti acquedotti. Devo far presente che nel n. 6/2004 ( un decennio fa! ) della rivista “L’ACQUA” era pubblicato un mio articolo intitolato “L’utilizzazione delle pompe a velocità variabile” Si tratta di un dettaglio di non poco conto in quanto la rivista “l’acqua” è conservata in tutte le biblioteche universitarie o comunque di interesse tecnico. Segnalato detto articolo via mail all’autore del testo cui mi riferisco, egli molto cortesemente mi ha risposto aggiungendo i complimenti per il contenuto della mia nota sulle pompe variabili dichiarando però di non aver avuto occasione di trattare l’argomento con nessuno.
Passo alla lettura di un altro volume (di cui modifico come segue il titolo per non danneggiarlo in alcun modo) “ACQUEDOTTI NELLA TECNOLOGIA MODERNA” e mi accorgo che alla pag. 156 (numero cambiato) a circa metà altezza figurano ricopiate col “copia incolla” e in minima parte variate nella sintassi ma non nella sostanza, quasi una ventina di righe tratte dal mio articolo TELECONTROLLO E TELECOMANDO NEGLI ACQUEDOTTI OVVERO LA RAGIONE DI UNA RIVOLUZIONE VERA E PROPRIA ancora oggi visibile nel sito è era stato inserito alcuni anni prima dell’uscita del libro.

Ora il sottoscritto non ha alcuna rivendicazione da fare anzi, come già fatto presente ad uno degli autori, si sente onorato che stimatissimi docenti universitari e validissimi studiosi della materia acquedotti apprezzino i miei scritti al punto da farli propri (pur senza farne un doveroso cenno al sottoscritto oppure citarlo nella lunga schiera della bibliografia nella quale sono ben conscio che possono figurare solo nomi celebri) però il ripetersi di avvenimenti che giudico dannosi per gli acquedotti in genere provocano in mè il rammarico, come precisato in molti dei miei articoli, per il fatto che da parte degli studiosi non si voglia capire quello che io tento invano di diffondere. Ad esempio le mie parole testuali (vedi alla. pag 156 del volume citato) “ la profonda trasformazione che la rete acquedottistica deve subire, nella sua costituzione di base, a seguito dell’avvento dell’impianto di telecontrollo “ presuppongono la negazione di molti principi dell’acquedottistica classica tra i quali primeggia la quasi totale eliminazione delle vasche di carico delle reti che impongono la pressione fissa di partenza che i libri classici prediligono ma che invece dovrebbe essere sostituita dall’immissione in diretta in rete a pressione regolata. Tali parole presuppongono anche che i serbatoi di compensazione giornaliera debbano essere sfruttati in maniera diversa da come si insegna all’università e cioè non solo limitandosi all’esame delle portate previste in entrata e quelle in uscita nel giorno di punta ma che invece occorra preoccuparsi anche di quello che succede nei periodi di bassi consumi. Ripeto questi sono solo due esempi tra i molti di cui, a mio avviso, nei testi degli eminenti studiosi, bisognerebbe parlare, discutere e non limitarsi a buttare li una frase generica senza darle nessuna spiegazione e senza elencare tutti i vantaggi che ne derivano e che io ho constatato in decenni di applicazioni pratiche
Arrivo a concludere che la colpa di molti disservizi degli acquedotti rientra tra le regole propugnate da certa letteratura tecnica che io ho il coraggio di dire sono molto molto lungi dal voler migliorare l’acquedotto e, al contrario, usano i potenti mezzi di cui dispongono per perpetuare all’infinito delle regole obsolete e quindi dannose.