LA PUBBLICIZZAZIONE DEGLI ACQUEDOTTI

pubblicizzare 3Riporto testualmente un brano di una richiesta rivolta alla autorità e che si riferiva al referendum con il quale in data 12 e13 giugno del 2011, 27 milioni di cittadini hanno detto chiaramente e con immenso entusiasmo

«no al profitto con l’acqua potabile, abrogando la norma che stabiliva la determinazione della tariffa per l’erogazione dell’acqua, contro la remunerazione del capitale investito dal gestore. La prego, non lasci impunito ancora altri giorni, settimane e mesi il furto della nostra Costituzione rappresentato dal non rispetto della volontà di 27 milioni di Italiani. Non lasci rafforzarsi nell’animo degli italiani la disillusione democratica e la sfiducia nelle istituzioni dello Stato: che serve la democrazia se poi quando votiamo lo Stato ed i dirigenti stessi non rispettano la volontà dei cittadini? Non lasci svanire la bella e ricca coscienza di 27 milioni di persone che hanno espresso con forza che il diritto umano alla vita prevale sulle presunte esigenze tecnico-finanziarie”.

Tutto giusto: I principi vanno salvaguardati come pure i diritti di coloro che hanno votato nel referendum ed in grande maggioranza hanno presentato precise richieste.
Io però credo che quando un giornalista, un politico oppure un semplice cittadino si batte per la salvaguardia di un diritto come quello sancito dal referendum in oggetto, non debba nascondere ciò che in quel diritto è negativo. Nel caso specifico non si può non tener conto di certe realtà.

Gli acquedotti italiani sono per oltre il 90% totalmente o parzialmente già in mano pubblica e nonostante ciò il quantitativo d’acqua potabile che tali acquedotti disperdono è enorme essendo pari o addirittura superiore al 50% di quella prodotta e già intubata. Si tratta di un fattore che nessuno può ignorare nemmeno coloro che vorrebbero affidare in pratica tutti gli acquedotti a quella mano così capace. Evidentemente ai fautori di questa disposizione importa poco lo scarso interesse dimostrato dagli enti pubblici che gestiscono gli acquedotti per i problemi veri del sistema distributivo italiano e di tutte le pecche che gli sono proprie. Non capiscono che è troppo comodo e semplicistico trincerarsi dietro la mancanza dei fondi necessari per rifare gli impianti e le reti obsolete. Ci sono altri particolari importanti da segnalare. I nostri acquedotti rispecchiano tuttora gli schemi costruttivi di mezzo secolo fa ma il progresso intervenuto nel frattempo impone un cambiamento radicale che i gestori non nominano quando parlano dei fondi che mancano. Posso assicurare che esistono metodi poco costosi e che pertanto dovrebbero essere già adottati in tutte le città di pianura, metodi che sono in grado di dimezzarne le perdite ed economizzare nell’energia elettrica di sollevamento. Si tratta della regolazione della pressione che potrebbe essere realizzato in moltissime città ottenendo enorme vantaggi.  A tale riguardo c’è da rilevare un particolare importante: più le condotte dei rete sono ammalorate e maggiore è la riduzione delle perdite che si ottiene con la regolazione della pressione.  Perché non lo si fa? Semplicemente per il disinteresse dei gestori. Ci sarebbero molti altri interventi dei quali è troppo lungo parlare in questa sede ma che darebbero risultato importantissimi. Non posso tacere la diversa impostazione degli schemi idraulici delle reti di distribuzione che dovrebbero essere pensati sulla scorta delle possibilità offerte dagli impianti di telecontrollo-telecomando.
Concludo la nota riportando il soprastante brano giornalistico completato però mediante aggiunta del pezzo mancante, aggiunta che lo riporterebbe al suo vero significato. Il brano allora suonerebbe così:

Pubblicizzare2“no al profitto con l’acqua potabile, no alla remunerazione del capitale investito dal gestore, no al furto della nostra Costituzione rappresentato dal non rispetto della volontà di 27 milioni di Italiani ma sì, sì, sì, ad uno sperpero incommensurabile di acqua, di energia elettrica ed alla proliferazione di nuovi guasti delle condotte soprattutto se vetuste.”

In altri termini, in Italia, lo sperpero smisurato di beni naturali non riveste importanza degna di nota, ciò che importa veramente è solo la salvaguardia dei principi. E poi  ci si chiede come mai le altre nazioni europee stanno risalendo la china del baratro economico mentre l’Italia ne sprofonda sempre più a fondo. Questa la mia risposta : loro evitano di nascondersi  dietro un dito per non vedere la realtà delle cose, come invece sta accadendo in Italia.