UN ACQUEDOTTO IN MEZZO AL MARE

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La copertina del libro

E’ il titolo di un libro che mi è stato donato con dedica da uno dei due autori e precisamente dall’Arch Mario Ferrari Sindaco di Portoferraio .

Narra la interessante storia dei vari sistemi di alimentazione d’acqua potabile della maggiore delle piccole Isole Italiane, cioè quella d’Elba, attraverso gli ultimi due secoli. Poiché nelle pagine 173-178 si dilunga anche nel progetto, peraltro mai realizzato, redatto nel 2002 dal sottoscritto, ho pensato di riportare in fotocopia due piccole parti che danno un’idea del mio lavoro.

Il volume fornisce chiare immagini  dei vari modi affrontati per risolvere un problema particolarmente difficile per le qualità del territorio il quale, oltre ad essere insulare e quindi di complicato collegamento idrico con il continente, ha delle caratteristiche negative dovute alla sua conformazione molto accidentata ed alla ristrettezza del bacino imbrifero che minimizza l’accumulo naturale nel sottosuolo. Queste caratteristiche fanno sì che l’acqua delle piogge che cadono nell’Isola in una intera annata ed in quantitativo più che sufficiente per soddisfarne il fabbisogno, in realtà si scaricano velocemente in mare senza che sia possibile utilizzarle compiutamente allo scopo.

Personalmente ho apprezzato nel volume le conclusioni cui pervengono gli autori e che possono essere riassunte nel fatto che la soluzione univoca consiste nel trovare il modo di accumulare la gran parte dei quantitativi idrici sovrabbondanti nelle stagioni autunno invernali per riservarle all’alimentazione di un breve periodo estivo spesso colpito da dannose siccità e caratterizzato da una nutrita presenza di turisti che provoca, proprio in concomitanza con la siccità, un notevole aumento del fabbisogno idropotabile.

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Una parte della pagina dove è indicata la soluzione del serbatoio-galleria

Devo ammettere con orgoglio che anche gli autori giudicano favorevolmente la soluzione da mè presentata in quanto atta a rendere autosufficiente ed autonoma l’lsola tramite un’ opera mastodontica ma assolutamente priva di danni ambientali.

E’ da rilevare come in un territorio relativamente piccolo ma molto bello come quello in argomento, la soluzione normalmente adottata per costituire grandi invasi, cioè quella dei grandi bacini formati con le dighe di ritenuta, è praticamente non percorribile nel mentre altre come la installazione di impianti di desalinizzazione dell’acqua di mare oppure la costruzione di nuovi pozzi, mal si prestano, la prima per l’elevato costo ed inoltre per le difficoltà che nascerebbero nella copertura della grande escursione di portata che caratterizza i consumi dell’Isola. Anche la costruzione di nuovi pozzi mi appare inutile perché essi non risolvono il problema, di breve durata, in quanto, proprio nei periodi di accentuata siccità, la falda di attingimento si abbassa provocando la risalita del cuneo salino e rendendo i pozzi stessi inutilizzabili e quindi facendo rimanere irrisolto il problema.

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L’ultima pagina relativa al mio progetto

La soluzione presentata dal sottoscritto è veramente originale ed adatta all’area insulare da servire. Consiste nel ricavare il grande serbatoio nel sottosuolo tramite una galleria del tutto simile a quelle stradali ma resa a perfetta tenuta grazie ad un rivestimento interno in calcestruzzo e strato di adatte vernici. L’acqua immagazzinata nel serbatoio/galleria si trova nel suo ambiente sotterraneo naturale, al fresco perché al riparo dai raggi del sole e con molti altri vantaggi che si possono leggere nell’articolo “Un maxi-serbatoio per spegnere la grande sete dell’Isola d’Elba”.

 

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Planimetria con tracciato del serbatotio/galleria

C’è un altro aspetto che mi preme segnalare quale conclusione di questa nota.

Il libro non fa alcuna menzione della soluzione già adottata dall’Ente gestore di nome ASA, tanto da averne già iniziata la realizzazione, la quale, fermo restando che anche ASA fida nel concetto base del grande invaso per la risoluzione dei problemi idrici elbani, consiste nel ricavarne il necessario volume tramite una serie di 21 laghetti sparsi in lungo ed in largo nell’Isola. Non riportando alcun accenno a tale serie di manufatti, che io ho a bella posta battezzato con il nome provocatorio di pozzanghere, non è dato sapere qual’è la motivazione vera della totale omissione da parte dei due autori del libro, ma, stando al parere del sottoscritto, bene hanno fatto in quanto si tratta di soluzione destinata ad un fallimento per le molteplici motivazioni che non si ritiene di riportare in questa sede ma che sono leggibili nell’articolo prima citato.

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Schema indicativo del progetto redatto dal sottoscritto. In rosso il tracciato del serbatoio/galleria che circonda il omnte Capanne ad una quota di 150 m. sul mare
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