ACQUEDOTTI PIACEVOLMENTE INTERESSANTI

Il sapere non è necessariamente noioso. E quando il sapere è divertente, non vuol dire necessariamente che sia “superficiale”, anzi è motivante e permette di apprendere e insegnare con efficacia.

Il primo episodio del divertissement si intitola “La rabdomante”

rabdomante
il rabdomante in azione

Reduce dalla scuola iniziavo il mio lavoro nell’anno 1951 nello studio di un ingegnere di Belluno che progettava acquedotti. Dovendo ricercare le fonti si serviva di una rabdomante napoletana una specie di mummia rinsecchita ma ancora fisicamente abbastanza prestante. Ci trovavamo d’inverno nell’Alpago su un terreno pianeggiante dove si raccontava una volta esistessero dei pozzi in muratura che davano molta acqua. Il lavoro della rabdomante avrebbe dovuto avere il seguente svolgimento : percorrendo a lunghi passi la zona interessata, quando cominciava a tremare violentemente in tutta la persona io avrei dovuto piantare un picchetto di segnalazione mentre lei avrebbe continuato in linea retta e sempre essendo scossa dal tremolio. Quel giorno però il tremolio non aveva luogo e la causa venne attribuita al freddo intenso che impediva il funzionamento della rabdomante stessa. Dovetti personalmente provvedere al suo ripristino tramite una grande e persistente fiammata prodotta incendiando un fascio di canne delle piante di mais che formavano un grande covone proprio vicino alla zona in cui ci trovavamo. Detto fatto la rabdomante si rivelò nel pieno delle sue funzioni. Piantai il primo picchetto mentre lei continuava a camminare a lunghi passi in linea retta scossa da grande tremolio. Quando questo cessò io piantai il secondo picchetto. La successiva determinazione della esatta ubicazione e della profondità della falda ebbe luogo definendo la mezzeria dei due picchetti dove il personaggio si posizionò con una gamba alta ed il cronometro in mano. Al momento di poggiare a terra il secondo piede iniziò a misurare il tempo che intercorreva fino al termine del movimento di tutto il corpo e quindi, tramite formule a noi sconosciute calcolò la profondità alla quale si trovava la falda acquifera. Quella volta costruimmo un pozzo in mattoni scavato a mano alla profondità di 6 metri cioè ben due metri al di sotto della quota prevista senza trovare nemmeno una goccia d’acqua. Per mè la storia della rabdomante finì li perché non venne mai più interpellata

Ma ora passo alle cose serie.

ElbaProspettPoiccola
l’isola d’Elba con il tracciato in rosso del serbatoio/galleria in progetto

Inizio, per contrasto con il fantomatico episodio che precede, con un fatto per mè molto appassionante, divertente e foriero di quei grandi risultati che a distanza di tredici anni non si sono ancora visti anche se non ho ancora perduto le speranze di veder realizzato un progetto che, a giudizio di molti, è tecnicamente molto valido ed interessante da leggere: l’acquedotto dell’Isola d’Elba.

Trovandomi in vacanza all’Isola d’Elba durante un periodo di grande siccità che ha comportato una vera crisi del rifornimento idropotabile, mi è venuta la voglia di approfondire l’argomento e di proporre una soluzione mia. Saltando le premesse, gli studi compiuti, i contatti con Enti e privati arrivo alla conclusione di un progetto di massima che viene presentato in un apposito convegno con autorità e pubblico tenuto all’Hotel Airone di Portoferraio il giorno 13 giugno 2002.

Planimetria del serbatoio-galleria
Il dettaglio del tracciato della galleria/serbatoio

La soluzione presentata si basa sul fatto che all’Elba piove annualmente molta acqua ma con tempi totalmente difformi da quelli ottimali in quanto proprio d’estate quando si verificano frequenti periodi di siccità con contemporanea presenza di molti turisti mancano totalmente le piogge e gli acquedotto entrano in crisi. La soluzione appare ovvia: immagazzinare in autunno/inverno un volume d’acqua sufficiente per coprire la punta estiva dei periodi siccitosi. Il territorio elbano non si presta assolutamente alla realizzazione di quella che rappresenta la soluzione classica e cioè un grande lago artificiale tramite diga di ritenuta per evidenti motivi di salvaguardia di un ambiente molto bello e di piccola estensione. La mia soluzione, che ha ottenuto molto ed inutile successo si basa sulla costruzione di una galleria/serbatoio del diametro di 10 m ed un percorso che circonda la montagna più alta dell’Isola per una lunghezza totale di 25 Km necessari per poter invasare, all’interno della grande galleria resa a perfetta tenuta dal rivestimento in calcestruzzo, ben 2.5 milioni di acqua potabile che trova nel sottosuolo il suo ambiente ideale per restare a lungo al fresco e al riparo da ogni possibile manomissione o inquinamento. I notevoli vantaggi sono rappresentati dalla possibilità di costruirla per piccoli tratti successivi tutti funzionali e di dilazionare la spesa attraverso gli anni. Oltre a questo la sua quota altimetrica consente di alimentare la rete a gravità. Lo scopo principale che si raggiunge con la citata galleria/serbatoio è quello di rendere l’Isola d’Elba completamente autonoma da ogni fornitura esterna. Infine il materiale di scavo della galleria costituirebbe una grande ricchezza consentendo di ripristinare le spiagge erose dalle mareggiate di avere calcestruzzi a minor prezzo ed inoltre di dare la possibilità ai cavatori del bellissimo granito elbano di prelevarlo in tratti di galleria a loro riservati allo scopo. ( vedi dettagli del progetto di massima ). Da notare la singolarità della soluzione cui si contrappone l’ azione in realtà già intrapresa dall’Ente gestore degli acquedotti, soluzione che appare del tutto analoga come fine ma totalmente diversa come risultato. Infatti il volume di invaso, anch’esso pari a circa 2,5 milioni di mc, viene ottenuto con la costruzione di 21 laghetti sparsi in lungo ed in largo sull’isola. Viene da chiedersi quanta acqua andrà perduta per evaporazione provocata dai raggi cocenti del sole elbano e dalle perdite del fondo lago in materiale sciolto. Ma soprattutto come avrà luogo la potabilizzazione di un numero così grande di depositi idrici?

Risalta in modo inequivocabile come gli enti pubblici e le grandi società di gestione perseguano fini alle volte poco giustificati e che risaltano per la loro scadente efficienza ed economia. All’Isola d’Elba in particolare risulta inveterata l’abitudine di trascurare le soluzioni vere di un problema così importante come quello del rifornimento idropotabile.

PlanimLaghettiRidotta
I laghetti in corso di costruzione

Ne fa fede un progetto redatto alcuni decenni or sono dal prof. Megale dell’Università di Pisa con il quale si prevedeva di ricavare il necessario deposito in sotterraneo tramite la costruzione di un diaframma di contenimento delle acque di falda della piana di Marina di Campo come risulta dal disegno allegato. Detta opera, oltre ad impedire il risalire del nucleo salino, consentiva di accumulare nello strato semipermeabile di un’area molto estesa, le acque di pioggia di un grande bacino imbrifero, acque successivamente captabili da normali pozzi profondi. Come detto si trattava di una splendida soluzione che però si è persa nel nulla di fatto.

Planimetria della piana di Marina di Campo all'Isoola d'Elba. In rosso il diaframma di imperbeabilizzazione
Planimetria della piana di Marina di Campo all’Isola d’Elba. In rosso il diaframma di imperbeabilizzazione progettato dal prof. Megale

(il divertissement continua nel prossimo articolo)