LA DISTRETTUALIZZAZIONE DELLE RETI ACQUEDOTTISTICHE : GRANDI BENEFICI O INGENTI DANNI ?

Ho avuto modo di tenere una interessante corrispondenza con enti e società le quali, mediante avanzati studi ed applicazioni reali, operano attivamente nel campo degli acquedotti ottenendo efficaci rimedi al disastrato stato in cui langue la maggior parte degli acquedotti medesimi, cattivo stato che trova una lampante dimostrazione nella elevatissima percentuale di perdita occulta d’acqua e nel notevole dispendio energetico che essi accusano.

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Grafico dei valori di ILI (rapporto tra perdite reali e perdite inevitabili degli acquedotti) (Università di Pisa)

Quello che traspare dalle documentazioni che in questo mio impegno ho potuto raccogliere, riguarda quasi totalmente la applicazione della distrettualizzazione nelle sue diverse accezioni di distrettualizzazione virtuale, meno interessante ai fini di cui intendo parlare in questa nota, ma soprattutto in quella realistica cioè quella che consiste nel suddividere fisicamente ed in maniera fissa e continuativa la rete di distribuzione degli acquedotti in tante piccole sottoreti ognuna delle quali viene servita d’acqua, nella versione ottimale tramite una sola, negli altri casi pochissime condotte. Dai dati comunicatimi, deriva che i risultati ottenuti sono eclatanti in molti importanti settori come il soddisfacimento dell’utenza, la forte riduzione delle perdite, dei guasti di condotta e delle spese di sollevamento per tutti gli acquedotti a sollevamento meccanico. Il tutto viene confermato dalla grande diffusione che la pratica descritta sta ottenendo nei maggiori sistemi italiani di approvvigionamento idropotabile essendo operanti diverse ottime ditte specializzate i questo settore.

Presentare delle critiche come intendo fare anche in questa nota, costituisce a prima vista, un controsenso che tento di seguito di confutare. In tal senso pongo alla base di tutte le mie considerazione il seguente concetto fondamentale : l’arretratezza che si constata nei servizi italiani importanti come quello del rifornimento idropotabile è dovuta a molti fattori negativi ma prima di tutto alla consuetudine inveterata di non affrontare mai i grandi problemi dalla base ma invece di rincorrere sempre l’emergenza con interventi volti soltanto a risolvere i problemi contingenti. A mio avviso anche la distrettualizzazione, pur ottenendo quei buoni risultati prima citati, rientra in toto in questa metodologia imperniata soprattutto sulla risoluzione dei problemi emergenti mentre nella sostanza gli acquedotti rimangono sempre quelli di mezzo secolo fa. La distrettualizzazione, proprio per questa vittoriosa constatazione di aver risolto importanti problemi attuali, allontana di fatto la attuazione di quella rivoluzione di base più volte sostenuta dal sottoscritto come l’unica modalità di risoluzione vera dei problemi.

Il citato ritardo che si riscontra nella stragrande maggioranza delle decisioni importanti , trova conferma anche in quella necessità più e più volte sollecitata nei miei articoli che riguarda la sostituzione degli obsoleti contatori d’utenza degli acquedotti con contatori multifunzione di moderna concezione, sostituzione che viene rinviata alle calende greche facendo anch’essa parte di quel coacervo di provvedimenti lasciati a dormire. Occupato a realizzare la distrettualizzazione nessun gestore si fa parte diligente per questa sostituzione dalla quale deriverebbero non solo una grande facilitazione nella lettura e bollettazione dei consumi ma soprattutto notevolissimi risultati tecnici sulla conoscenza del funzionamento reale degli acquedotti che contribuirebbe non poco all’abbandono della distrettualizzazione per favorire l’adozione di tutt’altre razionali metodologie.

Detto in altri termini la situazione del sistema acquedottistico è la seguente. L’acquedotto attualmente si trova in una situazione così disastrosa da non sapere più che provvedimenti intraprendere se non quello, irrealizzabile per mancanza di fondi, di rifare totalmente la sua rete com’era e dov’era . Allora cosa si fa? Lo si colpisce nell’unico suo grande merito che è quello di essere composto da una rete magliata e fortemente interconnessa e si attua questo delitto mediante la distrettualizzazione che spezzetta la rete privandola dei grandi vantaggi offerti appunto dalla interconnessione spinta, giustissimo quindi l’antico adagio “dividi ed impera”.

Come conclusione, nel mentre ribadisco che la soluzione dei problemi che hanno investito gli acquedotti italiani va trovata seguendo quelle strade che la distrettualizzazione porta a nascondere e quindi a rinviare a data da destinarsi e che riguardano soprattutto lo sfruttamento razionale del sistema di telecontrollo e telecomando modificando dalla base le reti in modo da portarle ad essere figlie del citato telecontrollo.

Per giustificare la parola delitto prima da mè scritta porto alcuni esempi eclatanti.

LA SOLUZIONE PROPUGNATA DALLO SCRIVENTE
Raffronto tra la soluzione classica di alimentazione di una rete e quella moderna a pressione variabile (in rosso)

Nelle moltissime reti di acquedotto ancora alimentate da vasca di carico, spesso posta in posizione molto sopraelevata rispetto all’utenza, si provvede in un primo tempo a sollevare meccanicamente l’acqua molto in alto per poi passare a distruggere con la distrettualizzazione buona parte del carico così ottenuto. In questo caso risulta evidente che si dovrebbe prima modificare il sistema di alimentazione adottando l’immissione diretta in rete a pressione regolata e solo a posteriori provvedere alla distrettualizzazione. La stessa cosa accade tutte le volte che sono presenti in rete i serbatoi pensili che fissano in alto la pressione anche quando non serve mentre impedisce qualsiasi aumento in casi o di emergenza ed anche in questo caso la distrettualizzazione rimedia rispettivamente con la distruzione di carichi preventivamente ottenuti con il pompaggio oppure con l’aggiunta di surpressori ( impiantini di risollevamento ) locali di pressione. Un altro settore in cui bisognerebbe intervenire è quello relativo al funzionamento dei serbatoi di compensazione la cui regolazione fatta in modo opportuno tramite l’impianto di telecontrollo dovrebbe anch’essa precedere la mera distrettualizzazione.

Gli esempi sarebbero molti altri  ( Vedi ad esempio Arezzo ) ma mi fermo qui spiegando come sussista una barriera tra i metodi idraulici di gestione dell’acquedotto che sono per lo più rimasti quelli classici della letteratura tecnica, e gli avanzati studi che portano alla diffusione della distrettualizzazione. Tale barriera impedisce di adottare quelle regole da mè sostenute e quindi si presenta la necessità di compenetrare tra di loro le due attività creando tecnici acquedottistici che conoscano di più le buone regole di moderna teoria acquedottistica volta a superare le regole classiche che ancora l’università insegna agli ingegneri mentre devono ottenersi delle società di studio ed applicazione reale delle nuove teorie che conoscano meglio la pratica acquedottistica e quindi prima di proporre la loro specializzazione esaminino anche le possibili modifiche effettive da apportare all’acquedotto.

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