Ho già segnalato nel mio articolo “Museo degli orrori” che nel sito si trova un elenco molto corposo (circa 200 fotografie) di serbatoi pensili di cui è bene conservare la memoria ma che allo stesso tempo costituisce una rassegna che io ho battezzato con tale nominativo in quanto considero tali strutture come ingombranti, spesso brutte e soprattutto prive di una utilità quando non sono addirittura origine di un cattivo funzionamento delle reti da essi alimentate.
Dichiarazioni del genere da mè avanzate una trentina di anni or sono hanno allora provocato reazioni vivaci essendo comunemente ritenute una vera e propria eresia. Una mia errata manifestazione di contrarietà per i serbatoi sopraelevati e fatta in un locale pubblico mi ha provocato anche dei problemi seri.
Lo stesso concetto riportato ai nostri giorni non fa più effetto essendo ormai assodata la forte riduzione nella utilizzazione dei pensili da parte dei sistemi idropotabili confermata dalla continua dismissione di quelli ancora esistenti e dalla demolizione di un grande numero di essi.
Mi sentirei di affermare che un evento del tutto analogo sta accadendo ai nostri giorni riguardo quella procedura di modifica delle reti acquedottistiche chiamata distrettualizzazione la quale si propone di suddividere le reti in un grande numero di sottoreti, chiamate appunto distretti, allo scopo di poterne effettuare i controlli e le regolazioni. Anche in questo caso bisogna aver del coraggio per affermare che si tratta di una operazione da abbandonare ed affermarlo proprio in un periodo come quello attuale nel quale tale procedura sta spopolando in tutta Italia essendo considerata il toccasana degli acquedotti grazie alla effettiva riduzione delle perdite occulte e per i buoni risultati ottenuti nella razionalizzazione tecnica degli acquedotti. Ciononostante chi scrive questa nota sta da anni sostenendo una teoria del tutto opposta e considerando l’espansione della distrettualizzazione come una dannosa dimostrazione dell’incapacità dei gestori degli acquedotti di raggiungere gli stessi risultati senza decapitare le reti di distribuzione con la chiusura di molte condotte principali resa necessari per la costituzione dei distretti.

A mio avviso anche nei riguardi della distrettualizzazione, in piena analogia con quanto accaduto con i serbatoi pensili, verranno a galla tra breve tutti i difetti che le sono propri e che oggi sono mascherati dai risultati ottenuti, risultati che sembrano straordinari per il motivo semplicissimo che si sta operando su acquedotti che si trovano in una situazione di totale dissesto ed in tale frangente anche un rimedio reale molto modesto risalta in pieno sulla peculiarità della situazione effettiva. Si deve aggiungere che l’applicazione della distrettualizzazione viene decisa senza esaminare soluzioni alternative che riguardino soprattutto la modifica della costituzione di base dell’acquedotto. Cito ad esempio la città di Padova dove si è deciso per la costituzione dei distretti di cui alla planimetria allegata senza chiedersi se in una città pianeggiante come Padova e per di più munita di numerosi serbatoi pensili e di un grande serbatoio a terra e di rete in località Stanga che necessiterebbero tutti quanti di una regolazione del tutto particolare, si potesse ricorrere ad altri sistemi che evitassero un tale spezzettamento della rete. A mio avviso proprio a Padova la soluzione doveva essere basata su un principio diametralmente opposto a quello citato e quindi non effettuando interruzioni di rete bensì nuove interconnessioni con aggiunta di condotte ad anello di grande diametro che consentissero una regolazione generale di tutta la rete, dei serbatoi pensili e del serbatoio a terra della Stanga operata direttamente dalle due centrali di sollevamento da trasformare ad immissione diretta in rete a pressione variabile. Nelle pubblicazioni visibili in rete non si parla per nulla di soluzioni alternative alla distrettualizzazione già decisa commettendo, secondo mè, un grave errore.
Sussistono anche altri elementi di attualità che occorre rilevare per completare la discussione. Molteplici studiosi stanno mettendo a punto importanti sistemi matematici di simulazione al modello matematico del funzionamento delle reti acquedottistiche onde applicare la distrettualizzazione nel modo più obbiettivo possibile ma questi studi difettano di un dato importante che è quello relativo alla portata effettivamente consumata dagli utenti e che, essendo uno degli elementi base, deve essere determinato, in mancanza degli elementi reali di consumo, ricorrendo a metodi di calibrazione che tengono conto di dati statistici e della elaborazione delle portate totali immesse in rete in particolari e situazioni di funzionamento della rete.
E’ naturale che qualora si potessero conoscere a fondo i consumi istantanei effettivi utente per utente non solo verrebbe a cadere la necessità delle complesse operazioni già citate ma le simulazioni al modello matematico consentirebbero di determinare il funzionamento delle reti in modo più preciso e tale da consentirne la regolazione senza bisogno della decapitazione delle reti e quindi con risultati migliori di quelli attuali e con notevoli miglioramenti anche nell’esercizio per quanto concerne le perdite, l’economia di gestione e la salvaguardia dell’ambiente. Si tratterebbe di quella rivoluzione del sistema idropotabile con la costituzione di acquedotti che io ho definito come “figli del telecontrollo”

Mi risulta da elementi obbiettivi che dovrebbe accadere a breve un avvenimento importante che potrebbe preludere alla rivoluzione in argomento e che consiste nella sostituzione, divenuta un’operazione imprescrittibile, degli obsoleti ed erronei contatori d’utenza con nuovi apparecchi multifunzione atti ad rilevare e trasmettere automaticamente al gestore i dati che oggi mancano. A quel punto la rivoluzione dei servizi idropotabili dovrebbe piano piano interessare la totalità degli acquedotti comprendendovi anche l’interconnessione generale delle reti di distribuzione e quindi svolgendo un’azione che è esattamente il contrario della suddivisione delle reti già molto interconnesse che forma l’errato obbiettivo della distrettualizzazione.
Ritengo necessaria un’ulteriore precisazione; ma è possibile che la ormai famosa distrettualizzazione costituisca il rimedio universale valido per qualunque tipologia di acquedotti. Ad esempio è possibile che vada benissimo sia per Padova che ha un territorio pianeggiante e sia per la montagnosa Trieste? A mio avviso la risposta è un no categorico
In conclusione mentre riaffermo la mia contrarietà alla diffusione della procedura della distrettualizzazione auspico che i gestori degli acquedotti provvedano quanto prima a sostituire i contatori d’utenza e soprattutto che nell’organizzare tale operazione tengano presente le grandi possibilità che essa offre
La conclusione finale di questo articolo porta ad un ulteriore deleterio risultato: la diffusione della distrettualizzazione provocherà il perpetuarsi di acquedotti errati nei concetti di base alla cui correzione non si farà mai più ricorso essendo del tutto risolto quello che, del tutto erroneamente, è considerato il male vero degli acquedotti cioè il grande ammontare delle perdite occulte.