Qualunque persona, anche se completamente digiuna di tecnica acquedottistica ma che avesse modo di esaminare uno schema di rete come quello allegato che tuttavia è la rappresentazione veritiera degli acquedotti dell’Isola d’Elba, non potrebbe evitare di giudicarlo un ammasso caotico ed incomprensibile di strutture di vario tipo.

Per i tecnici di acquedottistica preciso che lo schema è un valido esempio di una situazione che si ripete infinite volte in complessi abitativi con popolazione di 30000 abitanti come è l’Isola d’Elba od anche più popolosi purché ubicati, come l’Isola citata, in territori altimetricamente variegati. Intendo affermare che di fronte ad un’area abitata con dislivelli continui del suolo, molto scosceso e con alternanza di quote altimetriche molto disparate, se vi si utilizzano le tecniche appartenenti al passato, non si può far altro che ripetere lo schema classico il quale comprende e ripete, zona per zona idraulicamente omogenea, un serbatoio di accumulo e di carico della rete ed una o più condotte che lo alimentano dal basso. Il problema nasce nell’esercizio di un insieme del genere che non può che essere caratterizzato dalla difficoltà di funzionamento dei serbatoi ed in genere dalla casualità che lo distingue. Infatti nella maggioranza dei casi i serbatoi sono regolati da galleggianti che fermano l’immissione quando sono giunti al loro massimo livello di invaso per riprenderla non appena ha inizio lo svuotamento con il risultato di avere invasi quasi sempre al loro massimo livello. Questo modo di funzionare, chiamato appunto “al massimo livello”, esclude la vera funzione dei serbatoi che dovrebbe essere quella di riempirsi quando la disponibilità idrica è superiore al fabbisogno per vuotarsi in occasione delle richieste di punta. Nella realtà, nei giorni di scarsità idrica i serbatoi essendo come detto casuale il loro funzionamento, si vuotano prima del momento di massima richiesta e quindi durante periodi nei quali il loro intervento non sarebbe richiesto. Viceversa quando arriva la crisi essi sono già vuoti e quindi non sono più in grado di dare il proprio contributo. In sintesi si può affermare che sono serbatoi con gravi difetti di funzionamento.
All’inconveniente legato ai serbatoi si deve aggiungere la difficoltà dell’insieme in oggetto, sia pur mitigata quando sono presenti collegamenti rapidi di verifica e di regolazione degli impianti e delle reti fatti a distanza, purtuttavia assai difficoltose trattandosi di una moltitudine di apparecchiature in genere molto piccole ma tutte da tenere sotto controllo.
In questa nota si vorrebbe lanciare una soluzione diversa sicuramente non accettata dai gestori di acquedotti e criticata dagli studiosi di acquedottistica ma che viene ugualmente proposta per aprire la discussione di un tema interessante.

La nuova soluzione si basa sull’eliminazione delle modalità di alimentazione delle reti a mezzo vasche di carico, imponendo in alternativa il pompaggio diretto in rete a pressione regolata in funzione del fabbisogno ed in linea di massima con alta pressione di consegna dell’acqua all’utente limitata ai momenti di alto consumo mentre si abbassa al decrescere dei fabbisogni per diventare molto esigua la notte quando i consumi si avvicinano a zero. Questo risultato, assai facile da raggiungere in territori pianeggianti dove lo si ottiene molto semplicemente tramite la regolazione della pressione di immissione in rete, non lo è affatto nel caso in esame dove tale regolazione costituisce soltanto un primo intervento che deve essere seguito da ulteriori regolazioni di dettaglio in rete.
Nel grafico schematico allegato e che costituisce un esempio tipico di dimensioni minute ma che può essere ripetuto all’infinito, si esamina la regolazione primaria dell’insieme. Si suppone di costruire un sistema principale di adduzione comprendente, in partenza un impianto di sollevamento dell’acqua composto da pompe a velocità variabile in grado, prelevandola dalle fonti, di immettere nella condotta di adduzione primaria e ad una pressione regolabile, delle portate anch’esse variabili dal valore minimo a quello massimo di previsione. Tale condotta, ad andamento pressoché orizzontale e quindi percorrente all’incirca una unica curva di livello del suolo, ad intervalli razionalmente definiti si interrompe per alimentare dei serbatoi idropneumatici interrati interrati di accumulo e funzionanti a livelli imposti ora per ora . ( Vedi articolo la regolazione dei serbatoi)
A valle di ogni serbatoio idropneumatico si trova un ulteriore impianto di sollevamento, anch’esso a pressione e portata variabile, atto a far proseguire la portata via via necessaria per l’alimentazione dell’utenza posta verso valle in modo che tutto il comprensorio da alimentare risulti munito di un sistema di adduzione e compensazione delle portate ubicato nella fascia di terreno di quota più bassa.
Con le modalità indicate viene realizzato un sistema di adduzione primaria il quale, grazie alla presenza di pompe a velocità variabile e dei serbatoi regolati a livelli preimpostati, adduce giorno per giorno una portata che si avvicina al valore medio della giornata operandone il riempimento notturno e, sia in giorni di grande consumi sia negli altri, il loro totale svuotamento diurno. La regolazione dei livelli dei serbatoi idropneumatici viene effettuata , in caso di necessità di riempimento, tramte una duplice operazione e cioè aumento della portata dell’impianto di sollevamento di monte con contemporanea diminuzione di quello di valle. In caso di necessità dai diminuzione del livello sono sempre i due impiantì di sollevamento ad intervenire con modalità opposte. La regolazione viene viene attuata automaticamente dall’impianto di telecomando e telecontrollo.
Riguardando un mero esempio schematico la disposizione della figura può essere ripetuta più e più volte fino a copertura di tutto il territorio montano da servire d’acqua potabile.
Come si nota dallo schema, la nuova soluzione contempla un criterio di unificazione di tutte le diramazioni ognuna delle quali si diparte dalla condotta adduttrice principale ed alimenta un solo centro urbano anche se ubicato lontano ed anche se a quote molto elevate. In questo modo si ottiene uno schema semplificato con sollevamenti tutti ubicati a bassa quota. E’ però possibile che in determinate parti del territorio di ubicazione ed altimetria particolare, sia da preferirsi uno schema idrico diverso basato non già sul prelievo dalla adduttrice principale di bassa quota bensì da una diramazione secondaria che già provvede al recapito dell’acqua in posizione più favorevole. In questo caso non resta che ripetere lo schema con la sola variante che riguarda il punto di prelievo il quale, come già precisato, si diparte da una condotta secondaria.
L’alimentazione di ogni singolo centro cittadino, naturalmente posto in quota più elevata come risulta chiaramente dallo schema, è delimitato da un confine teorico che comprende l’insieme di abitati idraulicamente omogenei e quindi atti ad essere alimentati cumulativamente a pressione e portata regolate in funzione del fabbisogno ed ha luogo mediante una condotta in derivazione dalla descritta adduttrice primaria e munita di propria pompa di sollevamento anch’essa a velocità variabile e quindi in grado di fornire una pressione elevata durante i periodo di alto consumo ma che diminuisce in tutti gli altri casi. Tale risultato è ottenuto imponendo due tipi di regolazione la prima delle quali consiste semplicemente in un sistema di sollevamento-distribuzione con una pompa a velocità variabile la quale, prelevando direttamente dall’adduttrice primaria prima descritta, alimenta la rete locale mantenendo in prima approssimazione la variabile pressione di esercizio entro limiti ben definiti. Nel caso il dispositivo risulti insufficiente per la razionalità di esercizio dell’area di appartenenza, quest’ultima sarà dotata anche di apparecchiature di secondo grado, attuate mediante valvole automatiche di riduzione della pressione. Al contrario se i confini saranno scelti accuratamente e se il territorio lo renderà attuabile, non sarà necessario alcun ulteriore apparecchiatura di regolazione al di fuori della pompa di alimentazione di cui si è detto .
Tutti i sollevamenti sono del tipo ad immissione diretta in rete, controllati e regolati in tempo reale dal sistema di telecomando e telecontrollo centralizzato e saranno corredati delle apposite apparecchiature di attenuazione dei colpi d’ariete come casse d’aria, valvole di ritegno a membrana e soprattutto condotte by pass atte ad evitare lo stacco di vena o l’inversione di moto dell’acqua nelle condotte di immissione.
Si noterà la grande differenza che esiste rispetto ai sistemi classici di derivazione dell’acqua da una adduttrice come quella descritta. In tali sistemi viene sempre realizzato lo stacco tra condotta adduttrice e prelievo delle pompe ed infatti viene normalmente costruita una vasca di aspirazione delle pompe alimentata dalla condotta principale di adduzione e pertanto distruggendo tutto il carico della portata immessa. Nel sistema proposto siamo invece i presenza di derivazione in diretta dalla adduttrice con conseguente rinuncia alla sicurezza data dal citato stacco idraulico ma con il favore di una riutilizzazione completa del carico proprio della adduttrice. Si ottiene una notevole economia nella energia di pompaggio cui fa riscontro la necessità di applicare le apparecchiature già indicate ed atte alla attenuazione dei colpi d’ariete trasmessi in rete.
Per particolari relativi alle modalità di pompaggio diretto in rete vedasi gli articoli “Il progresso nella regolazione dell’immissione diretta nella rete di distribuzione tramite pompe a velocità variabile”
L’elemento negativo del sistema , dovuto alla perentoria e totale eliminazione delle vasche di aspirazione delle pompe e di carico della rete a seguito della quale viene a mancare, come detto, lo stacco idraulico tra pompa e rete, è rappresentato dalla possibilità di violenti colpi d’ariete immessi in rete dal pompaggio. Si deve però tenere ben presente che sussistono metodi pratici e di sicura protezione dati da casse d’aria, valvole a membrana elastica poste subito a valle delle pompe e soprattutto da condotte by pass che impediscono lo stacco di vena o l’inversione del moto dell’acqua in condotta.
Numerosi sono invece i vantaggi che derivano dalle impostazioni descritte. Da rilevare in particolare la razionalità dell’alimentazione di base che effettua pompaggi ridotti al minimo come numero, regolati costantemente in funzione del fabbisogno ed inoltre con riutilizzazione del carico idraulico residuo preesistente nella condotta di spirazione il che riduce notevolmente le perdite occulte di rete. Rilevante l’economia energetica e la razionalità che si ottengono grazie alla diminuzione di altezza manometrica di pompaggio durante le notti ed in genere i periodi di basso consumo. L’economia di spesa energetica risalta in modo evidente dal confronto con la predisposizione idraulica dello schema iniziale caratterizzato da numerosissimi piccoli impianti funzionanti sempre con perdite di carico elevate dovute alla regolazione ad intermittenza che obbliga le pompe a lavorare sempre con la portata massima e quindi con le maggiori perdite di carico della condotta di mandata. E’ inoltre ben noto come di per sé poche pompe di grossa portata abbiano rendimenti migliori di molte piccole pompe aventi nel totale la medesima portata e prevalenza. Si è già detto che viene realizzata una importante economia d’acqua grazie alla minor pressione di rete soprattutto notturna e alla conseguente diminuzione delle perdite occulte.
Infine è da rilevare l’alta qualità dello schema idrico che semplifica enormemente tutte le operazioni sia automatiche che manuali durante l’esercizio, degli impianti.
Il risultato più importante che occorre mettere in luce da ultimo, è senz’altro la eliminazione di tutte le operazioni casuali dello schema classico e molto utilizzato negli acquedotti italiani, operazioni che vengono invece razionalizzate escludendo galleggianti ed apparecchiature analoghe che lavorano in funzione di livelli ma e che vengono qui sostituite da una regolazione estesa a tutte le apparecchiatura, nessuna esclusa, ed effettuata in tempo reale dal sistema di telecontrollo e telecomando sulla base dei fabbisogni reali dell’utenza e mediante definizione automatica della modalità più razionale delle portate e delle pressioni effettive di esercizio. La procedura può essere definita con la dizione “acquedotto figlio del telecontrollo” leggibile cliccando qui.
Esaurite le spiegazioni riguardanti l’elemento di base ripetibile più e più volte in modo da servire tutto il territorio viene ora avanzata una proposta di organizzazione generale di tutto un intero sistema acquedottistico montano.
Visto e considerato che l’elemento di base deve seguire grosso modo una unica curva di livello del terreno, risulta naturale considerare la possibilità di seguire, tutte le volte che l’andamento del terreno lo consente, tale curva nel suo intero percorso considerato che, come ben noto, ogni curva di livello costituisce un anello chiuso. In altri termini si propone di prolungare la condotta primaria completa delle apparecchiature secondarie cioè di serbatoi di compensazione giornaliera ed impianti di risollevamento, fino a costituire un anello chiuso come risulta dallo schema allegato.

Con questa disposizione di rete si ritiene aver completato in maniera ottimale la proposta di una rete di adduzione e distribuzione acquedottistica in territorio montano.