UNA QUESTIONE DI PRIM’ORDINE MAI RISOLTA
Nel n. 4/2017 de “L’Acqua”, organo ufficiale dall’Associazione Idrotecnica Italiana, è pubblicato un articolo del sottoscritto avente lo stesso titolo di questa nota. Vi trovano posto i problemi più volte da me trattati in questo sito ma con una novità di rilievo. Per la prima volta, almeno stando alle mie conoscenze, la mia ferrea critica nei riguardi della distrettualizzazione acquedottistica, viene presentata fin dal testo introduttivo della rivista redatto dal Direttore Responsabile Dott. Armando Brath senza formulare una dissociazione specifica e marcata dallo scottante tema ” distrettualizzazione“, ma invece rimarcandone la trattazione con le seguenti testuali parole :
“La Sezione è chiusa da una nota di Meneghin sui sistemi acquedottistici, in cui viene esposta una visione critica degli usuali interventi di razionalizzazione delle reti, in particolare la distrettualizzazione; a giudizio dell’autore, invece, un uso intensivo e pervasivo del telecontrollo è l’unica via da percorrere per la razionalizzazione e per un effettivo efficientamento del funzionamento delle reti acquedottistiche. “
Da notare come nell’articolo io non dia luogo alla facile contestazione del danno di spezzettamento delle reti acquedottistiche che la distrettualizzazione, provoca ma invece come vi sostenga una questione di principio in base alla quale i problemi degli acquedotti dovrebbero venire risolti operando una rivoluzione generale che riguardi tutti i suoi componenti a partire dagli impianti di sollevamento, per arrivare all’ottimale accumulo nei serbatoi di compensazione a terra, alla immissione nella rete dell’acqua in diretta a pressione regolata e quindi alla eliminazione delle vasche di carico ed infine ad una diversa conformazione della rete tramite condotte molto interconnesse. Nel mio articolo appare chiaramente che la distrettualizzazione si assume la colpa di impedire che nemmeno in un futuro lontano si dia inizio alla citata rivoluzione vista la falsa immagine che viene diffusa e che considera già risolti i problemi degli acquedotti grazie alla distrettualizzazione medesima.
Da rilevare come fino al giorno d’oggi nessun mio articolo che mettesse in dubbio la validità della nuova modalità compositiva della rete di cui si tratta, trovava ospitalità in pubblicazioni tecniche ufficiali non essendo ammissibile che una tecnica, imposta dalla legge e largamente usata come quella in oggetto, potesse essere messa in discussione. Ne facevano e fanno tuttora fede i risultati effettivamente ottenuti nei sistemi idropotabili anche di grandi dimensioni dove la sua applicazione pratica è molto diffusa. E’ facile controbattere che prendere come campione di riferimento un acquedotto caratterizzato dalle disfunzioni peggiori e poi da questo confronto definire ottimale la soluzione scelta, costituisce un falso bello e buono: un risultato può ritenersi valido solo se è derivato dal confronto con un acquedotto di normale funzionalità o meglio ancora quando si dimostra più efficiente rispetto di un sistema aggiornato secondo le nuove tecnologie. Nel caso in questione la dichiarazione costituisce solo un grave contributo alla perpetuazione di acquedotti di concezione obsoleta ed all’allontanamento nel tempo della loro rinascita tecnico economica.
In definiva il veder pubblicate le mie idee su una rivista qualificata come L’Acqua rappresenta per mè una vera soddisfazione cui và ad aggiungersi la citazione introduttiva svolta dal Direttore Responsabile e che io considero nettamente positiva. con la viva speranza che il tutto contribuisca all’applicazione pratica delle innovative proposte formulate.
Chi volesse prendere visione dell’articolo completo di figure può farlo ricercando o sul sito algtratecnica.it
PS. Pubblico le osservazioni sul mio articolo da parte di un qualificato professore universitario
Ho letto con immenso interesse e piacere la sua memoria che condivido totalmente.
La sua memoria riflette le attuali direzioni della ricerca più avanzata, ed è giustamente provocatoria, come è giusto che sia per smuovere l’inerzia al cambiamento e movimentare le risorse economiche che sarebbero necessarie.
La distrettualizzazione, come lei giustamente scrive, è una soluzione di compromesso, ma se siamo nel contesto di una memoria atta a spiegare le modalità di gestione auspicabili, la distrettualizzazione non può essere premiata, non solo perché funge da placebo, ma anche perché viene fatta su reti topologicamente complesse e ne aumenta la complessità… è solo un compromesso tra costi e funzione ancora per ora accettabile.
In ogni caso per modernizzare il sistema acquedottistico, obsoleto, bisogno fare un salto e pensare out of the box con soluzioni razionali combinate ai moderni vantaggi tecnologici (e con le giuste risorse economiche destinate).
La sua memoria andrebbe esaltata, non censita così superficialmente.